Il film della settimana/ “The bare necessity” di Erwan Le Duc (Fra)

Pietro Colagiovanni *

Il titolo originale di questo film del 2019 è Perdrix, dal cognome del protagonista. Rappresenta il lungometraggio di esordio di Erwan Le Duc, poliedrico operatore culturale francese noto anche come responsabile dei servizi sportivi del quotidiano Le Monde. Il film ha ricevuto una buona accoglienza della critica ed è stato proiettato nella sezione Quinzaine del Festival di Cannes.

La storia è alla fine una storia d’amore o meglio di un innamoramento molto complesso. Il tutto si svolge in una sonnacchiosa provincia francese, in un paesino nella regione dei Vosgi. Lì ad una ragazza in transito, Juliette Webb viene rubata l’automobile da un gruppo di nudisti rivoluzionari che abitano i boschi circostanti. Nell’auto la ragazza aveva con sé i diari della sua vita, diari in cui descriveva tutti i giorni della sua esistenza. Si reca al locale comando di gendarmeria è conosce il giovane capitano Pierre Perdrix.

L’automobile non si trova ma intanto dopo una serie di vicissitudini Juliette conosce la strana famiglia del capitano, composta dalla madre, inconsolabile vedova (una sempre bravissima Fanny Ardant) dal fratello, uno studioso di lombrichi lasciato dalla moglie e dalla figlia del fratello, una sedicenne che vorrebbe uscire dal guscio protettivo in cui la famiglia l’ha rinchiusa. Sia Juliette che Pierre hanno storie personali molto complesse, diciamo anche pesanti alle spalle e il film ci descrive come l’amore è capace di superare ogni cosa. Una trama semplice calata in una rappresentazione filmica molto complessa, probabilmente troppo.

Il film parte come realistico ma vira subito nel surreale con la banda di nudisti rivoluzionari. I dialoghi sono dialoghi di chiara derivazione teatrale, tirati al massimo e densi di significato ad ogni parola se non ad ogni sillaba. Su questo impianto si innesta poi il tema del bizzarro (come la rievocazione storica di una battaglia della seconda guerra mondiale), del lirico (la fuga nei boschi dei due futuri innamorati), del musicale, dell’omosessualità (tramite un collega di Pierre), della sessualità (la madre di Pierre, visto che ha perso l’unico uomo della sua vita, morto prematuro, ha deciso che deve avere tutti gli altri), del rapporto genitoriale (tra il fratello e la figlia ribelle) ed altri suggestioni che si affacciano ma hanno minor spazio.

Alla fine però il film risulta sfilacciato, quasi a compartimenti stagni. Vuole suggestionare, ma non si capisce quale sia la suggestione prevalente. Vuole evocare ma non è chiaro cosa. Insomma è come se ad un ristorante scegli il piatto della casa e non riesci a capire se è dolce, salato, un misto, se è un primo, un antipasto, un arrosto perchè i sapori sono troppi e troppo confusi. Come avrebbe detto il sommo poeta il film di Le Duc pecca per troppo di vigore. Resta una ottima recitazione ed una bella fotografia aspettiamo che in futuro Le Duc organizzi meglio le tante cose che vuole comunicare.

Voto 2,5/5

*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus

per commenti, recensioni o sollecitazioni e suggestioni cinematografiche potete contattarmi a colagiov@virgilio.it

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