Campobasso/ Successo per ‘Il bambino e la neve’ di Wlodek Goldkorn

La capacità che i grandi scrittori o letterati hanno rispetto ad altri è di affrontare con semplicità e schiettezza argomenti importanti; così è stato al Circolo Sannitico di Campobasso per l’appuntamento con Wlodek Goldkorn, ospite di ‘Ti racconto un libro’, il laboratorio permanente sulla lettura e sulla narrazione promosso e sostenuto dall’assessorato alla Cultura del Comune di Campobasso e realizzato dall’Unione Lettori Italiani, con la direzione artistica e organizzativa di Brunella Santoli e il patrocinio della Provincia di Campobasso. L’autore polacco ha presentato il suo libro di grande successo ‘Il bambino e la neve’. Chi aspettava di ascoltare un memorandum della guerra, della deportazione in un clima cupo e silenzioso ha sbagliato parametro. Goldkorn ha trattato l’argomento parlando come avrebbe fatto su altri temi importanti, cancellando qualunque forma di retorica, dando alle parole il significato che meritano ed all’argomento il rispetto per la tragedia di un’epoca, ma senza pietismo, anzi con crudezza e semplicità. Come oramai spesso mi accade agli appuntamenti dell’Uli, anche questa volta sono stato preso fortemente dal dibattito seguente la narrazione; ho apprezzato la libertà del pensiero dell’autore, che ha chiaramente smontato tesi infarcite di politica e dichiarato che il capitalismo americano non è il nazismo ed anche il bombardamento di Hiroshima non è paragonabile alla Shoah, “Perché il primo è un fatto di guerra, aberrante, ma che ha delle spiegazioni in un contesto criminale, ma bellico; la deportazione è stato il tentativo di cancellare un popolo e la sua memoria”. A quanti insistevano su parallelismi analoghi, lo scrittore ebreo-polacco ha ribattuto con semplicità, ma rimarcando sempre che i fatti vanno equiparati nei loro ambiti; nelle sue parola mi è sembrato di vedere il continuo, ma secondo me giusto, tentativo di liberare domande e risposte da contenuti ideologici, per affrontare i temi quasi da osservatore esterno. Questo personalmente l’ho visto come un pensiero liberatorio e franco. La storia dell’autore è quella di un bambino nato da genitori scampati agli orrori della seconda guerra mondiale, che abitava in una casa abbandonata dai tedeschi in fuga, che crebbe nel vuoto di una memoria familiare impossibile da raccontare, impossibile da dimenticare, impossibile da vivere. Un viaggio nella memoria, alla ricerca di un confronto col passato, con la presenza di chi non c’è più. Goldkorn intraprende un viaggio che non ha paura di spingersi nel buio più profondo del Novecento, senza perdere la chiarezza dello sguardo, il disincanto di chi sa che ogni ricordo è anche fantasia, che essere figlio dell’Olocausto non significa immedesimarsi nelle vittime ma deve portare alla rivolta. Al Circolo Sannitico l’autore ha dialogato con Mino Dentizzi. Wlodek Goldkorn è da molti anni un’autorevole voce della cultura italiana ed ebraica. Direttore delle pagine culturali de ‘L’Espresso’, l’autore ha intervistato grandi artisti, scrittori, premi Nobel, e raccontato molte storie – ma mai la sua personale.

Stefano Manocchio

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