Il Piano Sociale Regionale 2020-2022 bloccato nelle nebbie del Consiglio Regionale

Dal 3 marzo 2020, giorno in cui il Consiglio Regionale ha affrontato la discussione del
testo di Piano Sociale Regionale triennale 2020/2022 ( peraltro approvato dalla Giunta
Regionale su mia proposta già in data 29 agosto 2019) nulla è più dato sapere sul suo iter
di approvazione.
Ritengo doveroso, per aver seguito l’intero percorso di formazione del testo, esprimere
preoccupazione e sconcerto per un ritardo non giustificato e non giustificabile..
Preoccupazione in quanto proprio in questo periodo storico sarebbe stato di
fondamentale importanza mettere a disposizione del territorio uno strumento di
programmazione che, attraverso la predisposizione dei Piani di Zona, poteva attivare
misure straordinarie anche per rispondere all’emergenza che stiamo vivendo; perché un
ulteriore slittamento dell’approvazione, anche con le integrazioni e gli aggiustamenti che il
Consiglio riterrà di introdurre, pone i Comuni capofila nella necessità di disporre, non so
fino a che punto legittimamente, nuove proroghe nella gestione dei servizi sociali; perché
la mancata approvazione del Piano non consente la revisione del Regolamento regionale
n.1 del 2015 e successive modifiche, soprattutto nella parte che riguarda i requisiti
organizzativi, funzionali e strutturali per il rilascio dei provvedimenti di autorizzazione e
accreditamento dei servizi socio-assistenziali, residenziali, semiresidenziali e domiciliari,
modifiche più volte sollecitate dalle Centrali della cooperazione.
Sconcerto perché, in quella seduta, sembrava si discutesse di una proposta arrivata in
Consiglio Regionale per caso: in realtà, ed è un dato oggettivo e incontestabile, il testo è
stato approvato dalla Giunta Regionale già in data 29 agosto 2019 (DGR n.331) e
trasmesso a tutti i Consiglieri regionali proprio per raccogliere osservazioni, rilievi,
emendamenti.
E’ stato, inoltre, messo a disposizione, oltre che dei soggetti istituzionali, dell’intera rete
territoriale in modo diffuso e generalizzato, proprio perché vi era l’evidente volontà politica
di arrivare ad un documento condiviso.
Ha formato oggetto di un ampio e diffuso confronto con gli ATS e i Sindaci ( incontri
si sono svolti in tutti i Comuni capofila: Agnone, Venafro, Isernia, Riccia/Boiano,
Campobasso, Larino e Termoli, sempre con una nutrita presenza di amministratori locali),
con i rappresentanti del Terzo Settore ( organizzazioni di volontariato e associazioni di
promozione sociale- circa 120 quelle presenti nell’incontro press la sede della Giunta
Regionale), con i rappresentanti delle centrali cooperative ( Lega delle cooperative,
Confcooperative Molise, AGCI),dei Sindacati maggiormente rappresentativi ( CISL, CGIL,
UIL, UGL, Coldiretti) e dei Patronati.
La Presidente della IV Commissione del Consiglio Regionale ha inoltre sottoposto il
testo ad altre audizioni prima che lo stesso venisse licenziato dai commissari.
Nessuna proposta di merito è stata avanzata in sede di discussione – una discussione
chiaramente strumentale – almeno dai rappresentanti della maggioranza, rispetto ai
contenuti del documento.

Qualche Consigliere ha parlato di Piano Sociale copiato da quello precedente.
Vorrei ricordare che la proposta di Piano è stata elaborata da un gruppo di lavoro costituito
con Deliberazioni di Giunta Regionale n. 567/18 e n. 236/19 e che ha visto la
partecipazione, a titolo assolutamente gratuito, di professionisti ed esperti, conosciuti e
riconosciuti, della Struttura regionale, di tutti e sette gli Ambiti Territoriali Sociali,
dell’Asrem e dell’Anci.
A loro va il mio sincero ringraziamento.
La cornice normativa per il Piano 15/18 e per quello attualmente in discussione è
sostanzialmente immutata: la legge 328/00 “Legge quadro per la realizzazione del sistema
integrato di interventi e servizi sociali” e la legge regionale 6 maggio 2014, n.13 “Riordino
del sistema integrato degli interventi e servizi sociali”.
Il nuovo Piano può giovarsi di alcuni strumenti normativi e regolamentari definiti a livello
nazionale a partire dal 2017:
 Piano Sociale Nazionale
 Piano Nazionale di Contrasto alla povertà
 Piano Nazionale per la Non Autosufficienza.
Tutti documenti di programmazione ai quali ho preso parte attiva nella qualità di
Coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni e
che sono stati il risultato di un ampio confronto politico e tecnico con i
rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’ANCI, delle Città
Metropolitane, dei sindacati, delle Associazioni di volontariato maggiormente
rappresentative.
Tutta l’attività si è svolta, oltre che nelle Commissioni competenti, soprattutto
all’interno della Rete di promozione e protezione sociale, attivata presso il Ministero
del lavoro, che vede la partecipazione di un sistema partenariale ampio e diffuso.
La Regione Molise ha provveduto a recepire il Piano Nazionale di contrasto alla
povertà con una programmazione propria in linea con quella centrale che prevede il
trasferimento delle risorse direttamente agli ATS senza passare per il bilancio
regionale, mentre resta a regia regionale il programma per il sostegno ai senza
dimora (400 mila euro).
Sempre su mia proposta ha recepito pure il Piano Nazionale per la Non
autosufficienza con una propria pianificazione triennale (2019/2021) in grado di dare
continuità ai servizi e alle risorse.
A questo proposito voglio segnalare e stigmatizzare un aspetto importante che è
stato ignorato di più: nel bilancio regionale per il 2020, la quota propria di 400 mila
euro non risulta iscritta e quindi il programma e i servizi potranno essere realizzati
con la sola quota nazionale ( 3,8 milioni di euro).
MANCA SOLO IL PIANO SOCIALE REGIONALE!!!!!!

Sono tutti strumenti programmatici di medio periodo che, oltre a definire puntualmente
alcuni livelli essenziali delle prestazioni sociali, rappresentano un significativo salto di
qualità: garantiscono risorse certe e strutturali per le Regioni e gli ATS per il triennio di

vigenza e trasferimenti più rapidi delle risorse in ragione del non necessario passaggio in
Conferenza delle Regioni e in Unificata

E’ di tutta evidenza che nel momento in cui ci si confronta con una pianificazione di medio
periodo (Piano 2015/18, ma anche quelli precedenti) non si può cancellare o ignorare
quello che si è fatto in precedenza, soprattutto se i risultati, pur con criticità più volte
rappresentate dagli ATS, sono stati soddisfacenti.
Non a caso la nuova programmazione sociale 2020-2022 si pone quale obiettivo prioritario
quello di consolidare e rafforzare gli interventi e i servizi attivati nel periodo precedente.
Se il sistema di governance territoriale ha funzionato perché stravolgerlo?
Se gli ATS, come sempre affermato dai Sindaci e anche da molti consiglieri regionali,
hanno permesso di assicurare a tutti i Comuni un servizio di segretariato sociale (anche se
in molti casi con numero di ore esiguo) e un servizio sociale professionale, perché
azzerare tutto? Molto più logico rafforzare quello che già esiste e funziona (cosa che
prevede di realizzare il nuovo Piano).
Se i Coordinatori della rete dei servizi hanno avuto la capacità di promuovere e realizzare
una collaborazione positiva tra gli Amministratori locali, i soggetti gestori dei servizi, le
famiglie e i cittadini e di muoversi in sinergia con la Regione, perché modificarne le
competenze?
Se i livelli minimi di assistenza sono stati garantiti in modo diffuso e uniforme sul territorio
non è più semplice e razionale arricchirli senza stravolgimenti (anche alla luce del mutato
quadro di riferimento innanzi citato)?
E se, al contrario, il Sistema Informativo sociale e socio sanitario e l’Osservatorio delle
politiche sociali previsti dalla legge regionale, non sono stati attivati con la precedente
programmazione è evidente che occorra riproporli e renderli, di fatto e finalmente,
operativi.
Se la Consulta regionale delle politiche sociali (Regione, ATS, ASREM. ANCI, Enti di
Terzo Settore), in quanto mai insediata, non ha avuto modo di offrire il suo contributo in
termini di valutazione e proposte sulla progettazione zonale si cambia la legge 13 o si
creano i presupposti per farla funzionare, come è invece accaduto per la Conferenza dei
Coordinatori d’Ambito.
Una delle parole chiave della proposta di nuovo Piano Sociale è COMPATIBILITA’ tra le
risorse umane, organizzative e strutturali con gli obiettivi dati e gli interventi da realizzare.
E’ ovvio che in sede di redazione dei Piani sociali di Zona i Comuni, fermo restando
l’obbligo di garantire uniformemente i livelli essenziali di assistenza, potranno orientare le
loro scelte in funzione delle esigenze peculiari del proprio territorio e dei bisogni espressi
dai cittadini.
E’ altrettanto scontato che progetti ed azioni INNOVATIVI potranno essere realizzati in
presenza di risorse – nazionali, regionali e comunitarie – integrative e/o aggiuntive

Nel corso della discussione in Consiglio sono emerse alcune indicazioni che ritengo
pienamente condivisibili:

  • la necessità di attivare azioni in favore dei caregiver familiari;
  • lavorare alla predisposizione di un piano regionale socio-sanitario;
  • l’opportunità di una maggiore e migliore integrazione con le altre aree di intervento:
    turismo, sport, agricoltura.
    Aggiungerei anche quelle legate alla programmazione di interventi strutturali in favore
    delle persone affette da spettro autistico e delle loro famiglie ( un tema che sta
    assumendo aspetti sempre più preoccupanti per la nostra realtà), oltre alla costituzione di
    un fondo dedicato a far fronte ai costi anticipati dai Comuni per le rette di ricovero
    dei minori collocati in strutture residenziali in seguito a provvedimenti della
    Magistratura minorile ( gli Enti locali affrontano costi non sostenibili: oltre 2 milioni di euro
    per il biennio17/18 a fronte di uno stanziamento regionale di 250 mila euro).
    Si tratta di proposte che nei mesi scorsi ho portato all’attenzione dei tavoli nazionali nella
    mia qualità di Coordinatore della Commissione degli Assessori alle politiche sociali
    all’interno della Conferenza delle Regioni:
    CAREGIVER: come’è noto è ancora ferma in Parlamento la discussione sul testo unitario
    che riconosce e definisce la figura del caregiver, il suo ruolo, le agevolazioni fiscali e
    previdenziali.
    Si potrebbe, già da subito, realizzare un progetto sperimentale, da portare quanto prima a
    sistema, utilizzando le risorse (circa 300 mila euro) assegnate al Molise ai sensi della
    Finanziaria dello Stato per il 2018 ( la proposta di riparto è iscritta all’odg della Conferenza
    Unificata).In questo caso si dovrebbero considerare anche le famiglie dei ragazzi autistici.
    PIANO SOCIO SANITARIO REGIONALE: l’ostacolo maggiore per la nostra Regione è
    rappresentato dai vincoli posti dal Piano di rientro dal debito sanitario che in buona
    misura bloccano le scelte nell’utilizzo del Fondo sanitario e ne limitano l’integrazione con
    quello sociale ( paradossalmente è quest’ultimo a dover coprire costi che assumono
    valenza sanitaria: la fornitura dei farmaci di Fascia C per le patologie rare, il
    rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno per i cittadini che si recano fuori
    regione per fruire i prestazioni sanitarie non erogabili dalle strutture sanitarie
    regionali).

Da ultimo non posso che rinnovare il mio rammarico per la mancata approvazione
del Piano Sociale, che sarebbe dovuta avvenire molto prima, in quanto già
trasmesso al Consiglio a fine agosto 2019 e che si poteva, ove se ne fosse ravvisata
l’opportunità emendare o integrare. Rammarico che è ancora più forte perché
proprio in questa fase di grande emergenza e difficoltà sanitaria, sociale, economica
mettere a disposizione dei Comuni non solo una strategia di pianificazione degli
interventi ma soprattutto le necessarie risorse economiche avrebbe rappresentato
certamente un modo per rafforzare e implementare i servizi sul territorio.


LUIGI MAZZUTO

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