#corpedelascunzulatavecchia/”Toma ed i giovani di oggi”

In quel tempo si usava molto scrivere, si scriveva prevalentemente sul computer, o come dicevano allora online, in rete. In rete che non era una trappola per merluzzi, ma un’entità astratta che non la vedevi, ma ti fulminava le cervella con le onde elettromagnetiche o con quello che qualcuno, non tutti, ci scriveva sopra.


La maggior parte delle “esposizioni di pensieri” la si riscontrava su quelli che allora si definivano “social” che poi di sociale, alle volte non avevano niente.


In quel tempo, purtroppo ed oramai, tutto viaggiava sui social ed i ragazzi, sempre più spesso, erano sicuri di informarsi su Facebook. Informarsi? Mah!


Divaghiamo un attimo per capirci meglio. L’Italia, nostra bella ed amata Patria, era e sarà sempre la nazione del pallone per eccellenza. Secondo me anche i brasiliani si tolgono il cappello quando si parla di tifo calcistico italiano, e gli italiani erano riusciti, ma non ci volle molto, a travasare il linguaggio del tifo calcistico nelle rappresentazioni “social” trasformandole in rappresentazioni sempre meno sociali.


Erano lontanissimi i tempi degli sfottò tra tifoserie fatti in maniera magari poco elegante ma almeno incruenta. Voglio ricordare uno striscione durante gli anni sessanta a Napoli: Didì Vavà e Pelè era il tridente di attacco del Brasile Campione del mondo del 1958, Canè era un attaccante brasiliano che giocava nel Napoli. Lo striscione recitava: “Didì, Vavà, Pele, site a uallera e Canè”. Ecco dove potrete leggere tutta la storia: storia striscione Canè Napoli.


Detto questo non oso immaginare come sarebbe potuto essere quello striscione al giorno d’oggi, sicuramente offensivo ed aggressivo, perché ormai non si accetta dialogo, ma solo affermazione delle proprie idee, ma spesso per offendere gli altri.


Ed era proprio il modo di pensare che si era andato cambiando nel corso degli anni. Non esisteva più dialogo e le idee politiche erano diventati dei flussi di pensiero in favore o contro qualcuno. Proprio per queste idee scomparse, per la mancanza assoluta di dibattito, si era giunti ai proclami fatti con lo scopo di ricevere gli assensi i “mi piace” da parte di chi leggeva. Questo era la situazione, non si discuteva più ed ognuno propugnava la propria idea contro quella degli altri.

Nello specifico il Presidente Toma ebbe a lamentarsi degli attacchi verbali cui i suoi profili erano soggetti. Turpiloqui e bestemmie che mai fanno bene a chi legge, a prescindere da chi ha ragione.


La cosa strana, fu che questa lotta moralizzatrice iniziata contro chi offendeva, partì all’indomani della “querelle” tra il Presidente Toma e dei ragazzi lungo una strada di Campobasso. Epiteti e parolacce con inseguimento modello telefilm statunitense di cui adesso non parliamo in attesa che le indagini facciano chiarezza sull’episodio.

Noi aspettiamo e dopo trarremo le conseguenze politiche, quelle giudiziarie, laddove ci saranno, non spetterà a noi semplici cittadini che depositiamo la scheda votata nell’urna.

Il problema ora è a livello comunicativo: bandiamo le parolacce e le bestemmie dai post sui social e vediamo cosa possiamo leggere. Non credo che togliendo la maleducazione, che non accetto minimamente, il pensiero sull’operato di questa Giunta Regionale possa cambiare, certo ci sarebbe una comunicazione molti più educata, e sarebbe cosa buona. Ma sicuramente il giudizio dei molisani non credo sia molto lusinghiero, a prescindere dalla sintassi.


Ora staremo a vedere cosa succederà: ci saranno persone che beccheranno una querela per quello che hanno scritto sui social, ma non saranno i cosiddetti “fake” quei profili che nulla hanno a che fare con la vita reale, ma che tutti sanno a chi sono riconducibili.

Quindi se ho capito: avanti con la campagna terrorizzante per qualche ragazzotto maleducato che scrive su facebook, ma avanti tutti a fake.


E chess’è: se sei maleducato mettendoci la faccia sono problemi tuoi, e potrebbe anche sembrarmi giusto. Potrebbe se fossero perseguibili anche i fake, perché io la faccia ce la metto!
Scusate ma se vogliamo continuare a vederci, statevi arrivederci
Franco di Biase

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