Anniversario del terremoto a San Giuliano di Puglia, il messaggio dei politici

Riceviamo e pubblichiamo

Ci sono eventi, nella vita di una comunità, che restano scolpiti indelebili nel cuore e nella mente. C’è un prima e un dopo: un orologio storico che sta lì a ricordarci ciò che è accaduto. E quello che è successo a San Giuliano di Puglia il 31 ottobre del 2002 è un evento del genere. Una delle pagine più tristi della nostra storia: una tragedia enorme non solo per la cittadinanza locale ma per l’Italia intera.

Ricordo perfettamente il dolore e lo sconforto di quella giornata di venti anni fa. Il pavimento sotto i piedi che si muove, i lampadari che oscillano, le finestre che tremano. Un minuto di puro terrore seguito subito dopo da un silenzio che non potrò mai scordare. Quel giorno, a San Giuliano di Puglia, persero la vita 27 bambini, la loro maestra e altre due persone. 

Oggi, a distanza di tanti anni, abbiamo non solo il dovere di ricordare, ma di lavorare ed investire in prevenzione e sicurezza perché simili tragedie non accadano mai più. Il ricordo di quei tragici momenti è una ferita ancora aperta nella memoria e nella coscienza di tutti noi.

La tragedia di San Giuliano di Puglia ci impone dunque non soltanto di ricordare quei tragici istanti ma anche e soprattutto di lavorare seriamente per garantire la massima sicurezza possibile per tutti gli edifici, pubblici e privati. Credo sia questo il modo migliore per ricordare il dramma di quei giorni in cui persero la vita trenta persone, tra cui 27 alunni e la loro maestra: un impegno civico e morale cui nessuno può sottrarsi e a cui è opportuno dedicare ogni sforzo istituzionale.”

Così Aldo Patriciello, parlamentare europeo e membro del Gruppo Ppe, in occasione della Giornata della memoria in ricordo delle vittime del sisma del 2002.

Introducendo i lavori della seduta straordinaria del Consiglio regionale per la commemorazione del Giorno della Memoria in ricordo delle vittime del sisma del 2002, il Presidente Salvatore Micone ha dichiarato: “Siamo qui riuniti in una seduta solenne e straordinaria del Consiglio regionale, mossi da una serie di importanti motivazioni che coinvolgono certamente la nostra privata sensibilità, ma che sono sicuramente afferenti l’alto ruolo istituzionale che siamo chiamati a svolgere in quest’Aula. Tra le tante qualificanti motivazioni vorrei ricordane almeno tre che possiamo identificare come sostanziali:

• COMMEMORARE, a vent’anni di distanza, le vittime del terremoto che si interessò una vasta parte del Molise, in un caldo e assolato giorno autunnale, simile a quello odierno, aprendo una ferita profonda nella società locale e regionale;

• RIFLETTERE insieme, con pacatezza e con schiettezza su cosa, come istituzioni e come comunità regionale, abbiamo fatto in questi lunghi anni per rimarginare quella ferita, ponendo in essere i rimedi più efficaci perché tragedie del genere non potessero ripetersi.

• DEFINIRE una strategia comune che consenta ad ogni bambino, ad ogni lavoratore, ad ogni malato, ad ogni fedele, e in generale ad ogni cittadino, di entrare in un edificio di pubblica fruizione e sentirsi al sicuro, perché esso è stato progettato, costruito, manutenuto e custodito, attuando tutte le procedure che la scienza, la tecnica e il buon senso impongono. E’ proprio quello che vuole il comma 3, dell’articolo 1, della legge regionale del 12 novembre 2003, n. 29, che chiede al Consiglio regionale di riunirsi annualmente, nel Giorno della Memoria, il 31 ottobre, per l’appunto, per riflettere e approfondire le tematiche relative all’evento verificatosi lo stesso giorno del 2002, e per discutere di protezione civile, di prevenzione, di sicurezza e di salvaguardia e tutela del mondo dell’infanzia. Il Molise che fra qualche ora si fermerà in un minuto di silenzio, al rintocco della campana posta da tutti i molisani nel cimitero di San Giuliano di Puglia per questo giorno in ricordo di ciascuna delle vittime di quel tremendo sisma, è diverso da quello del 2002. E’ cambiato il contesto locale, regionale, nazionale ed internazionale. In questi lunghi e tormentati decenni abbiamo affrontato e superato, prima l’esaltazione della globalizzazione le difficoltà dell’euro e la lunga crisi finanziaria, la “tempesta perfetta” della pandemia da Covid e da ultimo il conflitto determinato dall’invasione Russa del territorio ucraino.

A livello locale i compagni di scuola di quei ragazzi che persero la vita sotto il tetto della Jovine sono ormai cresciuti e tanti di loro diventati brillanti eccellenze. I familiari dei cosiddetti “angeli” di San Giuliano continuano la dura lotta dell’esistenza, convivendo con quel dolore opprimente e assordante. Il Molise di oggi ha tratti differenti rispetto a quello di venti anni fa, ma di certo non ha mutata la volontà di onorare quelle vittime, conservane gelosamente la memoria, di sentire quei ragazzi e la loro maestra parte essenziale della comunità. Un onore, quello che intendiamo ancora una volta rivolgere alla memoria di costoro, che come classe politica, in rappresentanza di tutti i molisani, possiamo e dobbiamo tributare loro attraverso l’espressione della volontà unanime, anche se sfaccettata dalla diversa provenienza partitica e culturale, di mantenere tre impegni comuni:

• FARE in modo che questa regione non abbia mai più a piangere la morte insensata di altri suoi figli;

• GARANTIRE che la sicurezza negli edifici e nei luoghi pubblici, come in quelli privati, sia un elemento che appartenga stabilmente alla comunità regionale come alle singole comunità comunali;

• ASSICURARCI che i Bambini, e i giovani in generale, siano considerati il bene più prezioso di questa nostra terra, meritevoli della protezione, della salvaguardia e dell’amore dell’intera società molisana”. Il Presidente Micone, quindi, prima di passare la parola ad un esponente della maggioranza, il Consigliere Filomena Calenda, uno delle minoranze, il Consigliere Fabio De Chirico e il Presidente della Giunta, Donato Toma, evocando i nomi di tutti i ragazzi e della loro mastra periti nel crollo della Jovine, ha chiesto all’Aula di rispettare in loro onore un minuto di silenzio.

 L’intervento in Aula di questa mattina del portavoce del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Fabio De Chirico in occasione della ricorrenza del terremoto di San Giuliano di Puglia .

Oggi è il giorno in cui quest’Aula partecipa e condivide i sentimenti di tutta la comunità di San Giuliano di Puglia. Ci stringiamo intorno al dolore di tutte le famiglie che hanno perso drammaticamente i propri cari e ai tanti operatori e volontari che, nelle ore successive quel tragico evento, lavorarono incessantemente, scavando a mani nude tra le macerie, per tentare di salvare le vite dei piccoli e inconsapevoli studenti.

Quella mattina di esattamente venti anni fa, quando la piccola Giovanna di soli 10 anni salutò sua madre Elena prima di entrare in classe, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che lei, la sua maestra Carmela e altri 26 bambini non sarebbero mai più ritornati a casa.

Alle ore 11.32 il crollo della ‘Iovine’ ha spazzato via sogni, speranze e progetti di un’intera generazione. Le immagini della scuola accartocciata su sé stessa hanno percorso l’Italia e il mondo intero, sconvolgendo tutti nelle settimane a seguire. Perché una scuola che crolla distrugge quelle profonde certezze che fanno di essa il solido simbolo della costruzione di vita e cultura, ma anche idealmente un rifugio, un riparo, quasi una seconda abitazione per tutti i bambini e i ragazzi che la frequentano.

È questa una ferita che moralmente non potrà mai essere rimarginata ma oggi, con profonda dignità e grande determinazione, quella comunità è riuscita a ripartire, lavorando sulla ricostruzione. Bambini che vent’anni fa hanno trascorso ore sotto le macerie e che, da adulti, hanno deciso di trasformare quella drammatica esperienza in una missione di vita attraverso i loro talenti e le loro professionalità.

Mi riferisco a Veronica D’Ascenzo che rimase intrappolata per otto ore sotto i calcinacci della scuola. Più volte lei stessa, ho letto, ha ripercorso quei drammatici momenti. Il boato, i vetri delle finestre in frantumi e l’ultima immagine prima del buio: la sua maestra che, in segno di disperazione, si portava le mani al viso. Poi il silenzio. Oggi anche lei è una maestra: una vocazione nata dopo il terremoto e una vera missione di vita, dove spende gran parte del suo tempo in campagne di sensibilizzazione per la sicurezza nelle scuole. Ma c’è anche Dino Di Renzo che nel giorno della tragedia aveva appena 10 anni e frequentava la quinta elementare. Rimase per sei ore sotto le macerie. Oggi è un geologo: una scelta nata per difendere il territorio, e soprattutto per informare i cittadini dei rischi del terremoto, lavorando sulla prevenzione.

Dopo vent’anni, questo è il giorno della commemorazione, ma soprattutto della riflessione sui ritardi e sugli errori commessi dall’uomo e sull’urgente necessità di accelerare gli interventi in materia di edilizia scolastica.

È giusto soffermarsi sul tema della sicurezza degli edifici, in particolar modo di quelli scolastici, e su quanto ancora c’è da fare in tal senso. La commemorazione e il racconto di una storia deve trasmettere un insegnamento altrimenti rimane fine a sé stessa. Sarebbe auspicabile che la coltivazione storica di un momento così nefasto diventasse, attraverso la sensibilizzazione, vera e propria cultura della sicurezza, della prevenzione e del rispetto delle norme.

La crescente consapevolezza su questo tema interessa l’intera filiera operativa, la politica che programma gli interventi, i diversi livelli istituzionali che li attuano e i tecnici e gli operatori che progettano, costruiscono materialmente o ristrutturano gli edifici.

Eppure, a distanza di vent’anni, ancora viviamo situazioni al limite dell’incolumità e della sicurezza. E tutto questo è inaccettabile.

Pochi giorni fa il crollo dell’Aula Magna dell’Università di Cagliari, una tragedia sfiorata che solo per un fortuito caso non ha provocato vittime. Questo è solo l’ultimo evento che conta ben 45 cedimenti strutturali in altrettante scuole e registrati nell’ultimo anno. I dati emergono dall’ultimo dossier annuale presentato da Cittadinanzattiva, reportistica che vent’anni fa prese avvio proprio dopo l’evento che oggi stiamo commemorando.

L’analisi dei dati non è affatto confortevole: il patrimonio edilizio scolastico è vecchio e malconcio, oltre il 40% degli edifici è stato costruito prima del 1976, e più della metà è privo di certificazione di agibilità statica e di prevenzione incendi. Oltre il 40% è privo del collaudo statico.

Eppure in seguito al crollo della scuola elementare di San Giuliano, con la legge finanziaria 2003, venne istituito un “Piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici” che però ha interessato solo una porzione limitata del patrimonio edilizio scolastico. Infatti una specifica e dettagliata relazione della Corte dei Conti del 2018 evidenziò l’inadeguatezza delle risorse finanziarie stanziate in relazione al fabbisogno stimato e all’urgenza degli interventi. Ma rilevò anche difficoltà procedurali nell’attuazione del Piano, rallentamenti e persino la forzata eliminazione del 24% degli interventi programmati. Fece emergere, inoltre, la forte preoccupazione per l’incompleto e lento adeguamento alla normativa vigente in materia, la gravità della mancata messa a norma dal punto di vista sismico per molti edifici, tenuto conto delle conseguenze e della giurisprudenza penale in materia.

Insomma, la situazione non è certo rosea, anche se a dire il vero gli ultimi Governi sembra abbiano voluto invertire la rotta soprattutto con le ultime pianificazioni. Sono 216 le nuove scuole che saranno costruite attraverso il piano previsto dal Pnrr. Due di queste in Molise. Un investimento di oltre 1 miliardo di euro. Risorse che, insieme agli altri 3,9 miliardi previsti per la messa in sicurezza, dovranno far fronte a necessità e carenze di lungo periodo.

Infine non possiamo e non dobbiamo dimenticare gli strascichi che quel terremoto di vent’anni fa provocò sul territorio e sui bilanci delle amministrazioni locali. Quasi un migliaio di famiglie rimasero senza casa per oltre un decennio a causa delle lungaggini e delle complicanze amministrative. Molte di queste famiglie sono state isolate nei villaggi provvisori e nelle casette in compensato, ormai consumate dal freddo e dal sole. C’è chi ancora oggi vive con la famiglia in pochi metri quadrati, a 3 km da Bonefro, perché gli interventi di ricostruzione sulla propria abitazione non sono stati fatti in maniera adeguata. Parlo di persone che fanno parte della nostra comunità, mi riferisco a molisani che hanno sentito per anni promesse e parole e che hanno definitivamente perso la fiducia verso chi, invece, avrebbe dovuto rispondere con tempestività alle richieste di aiuto.

I paesi del basso Molise hanno visto per vent’anni impalcature e pagato lo scotto dello spopolamento perché le seconde case di proprietà e i fabbricati rurali non erano oggetto di aiuti per la ricostruzione. Quasi un miliardo di euro è stato speso sul territorio per via di quel terremoto. E i diritti non sono stati uguali per tutti perché c’è chi ha avuto di più e chi ha avuto di meno.

Questi sfortunati figli del Molise – quindi – non devono rappresentare un triste museo ma una scuola di correttezza e legalità. Oggi, come ogni giorno, esercitiamo la memoria ma è ancor più importante convertirla in impegno collettivo nel pieno delle responsabilità istituzionali. Per il futuro del nostro Molise e del nostro Paese.

Il ricordo del consigliere Michele Iorio

Quanto accaduto quel giorno di 20 anni fa porta cicatrici indelebili nei familiari, in tutta la comunità locale e in tutti coloro che, come me, hanno vissuto direttamente quelle ore di angoscia di quando si scavava a mani nude per estrarre dalle macerie i corpicini nella speranza di poterli abbracciare. Vivi.

Da allora il dramma di San Giuliano di Puglia, i 27 bambini vittime del sisma del 2002 che tutti chiamiamo “gli Angeli di San Giuliano” possono essere definiti “gli Angeli dell’Italia intera”. Quella tragedia è servita a puntare i riflettori su un argomento fino ad allora mai preso in considerazione, ossia le scuole sicure.

Da quell’avvenimento l’Italia intera ha promosso la conoscenza del territorio nazionale sui dati sismologici e di tutte le norme da applicare relative alle azioni antisismiche pertinenti agli edifici scolastici ed affini per la tutela e la sicurezza dei bambini e dei loro diritti in seguito alla OPCM 3274 del 2003 per le obbligatorie verifiche di vulnerabilità sismica e grazie alla creazione di comitati locali in ogni parte d’Italia. E’ pur vero che molto c’è ancora da lavorare, ma prima di allora nessuno si era mai posto il problema nonostante viviamo in uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l’intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante.

Nonostante le accuse dell’epoca da parte dell’opposizione politica fino ad arrivare all’invio in Molise di una commissione d’inchiesta, la verifica dei danni in tutta la provincia di Campobasso che da presidente della Regione mi portò ad estendere gli interventi per la messa in sicurezza non solo delle abitazioni private ma anche degli edifici pubblici (scuole, chiese, municipi) hanno rappresentato un vademecum per tutta la nazione.

Il rintocco delle campane che questa mattina hanno accompagnato il ricordo dei 27 bambini con la loro maestra devono indurci anche a fare il resoconto dell’operato della Regione Molise sia nell’affrontare quei giorni drammatici e sia negli anni successivi. A partire dal modello della ricostruzione adottato a San Giuliano, discusso con l’allora presidente del Consiglio Berlusconi e con il capo nazionale della Protezione Civile Bertolaso. Evitare le tende come soluzione a lungo termine e la scelta più confortevole per i cittadini che consisteva nella costruzione delle casette di legno in sostituzione dei container per creare un nuovo villaggio, fu senza dubbio la peculiarità del sisma del 2002. Un villaggio che poi, con il ritorno nelle proprie abitazioni della popolazione, avrebbe dovuto essere occupato da una scuola nazionale di Protezione Civile con un campus universitario per lo studio dei fenomeni tellurici e dei nuovi sistemi di costruzione antisismica. Progetto che, ahimè, è stato completamente abbandonato dai governi nazionali e locali che si sono succeduti.

Dopo 20 anni resta il rammarico per una ricostruzione non ancora terminata nonostante i fondi arrivati in Molise al 2011, ultimo anno della mia presidenza, e che negli anni successivi non hanno trovati l’impiego per far tornare i molisani nelle loro abitazioni.

Oggi, durante la commemorazione ufficiale, ho toccato con mano la stima e l’affetto che è rimasto indelebile in questi anni verso la popolazione di San Giuliano di Puglia e con i familiari delle vittime. La condivisione del dolore di quel 31 ottobre 2002 ci accompagnerà per sempre.

Michele Iorio

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