Politica/ Le ordinanze di Toma, le ‘disobbedienze’ dei sindaci e le ispezioni del Ministero della Salute

Non è un momento facile per il Molise a causa di quello che sta accadendo, pandemia in testa. La situazione economica è disastrosa, con il commercio vicino al collasso e quella sociale e sanitaria in particolare, se possibile, è ancora peggiore. Il contagio, che era divenuto quasi assente, poi è esploso, come e peggio che altrove e le strutture sanitarie che avevano una loro fragilità già in tempi normali, sono implose, con il personale allo stremo e i degenti che riempiono soprattutto il reparto di malattie infettive e, purtroppo, spesso muoiono. Ma non basta: le case di riposo sono a rischio e facilmente generano cluster pericolosi. In questo quadro l’unica magra consolazione è data dal numero di guariti, che forse da solo ancora impedisce il tracollo.

Cosa sia successo ancora non si sa bene: si suppone una generale sottovalutazione del problema e si registra uno ‘stop’ delle iniziative di contenimento in tutta la fase ‘tranquilla’, come se ci fosse stata la percezione (non da parte della gente ma, fatto certamente più grave, delle autorità sanitarie) che il peggio era definitivamente passato; aggiungiamo comportamenti inqualificabili da parte di gran masse di persone, non solo nel periodo estivo ed il quadro del disastro è completo. Ma nel dare le colpe tutte al sistema di governo o tutte alla popolazione la verità, come spesso accade, è nel mezzo. Non ha aiutato la ricerca di soluzioni il clima di reciproci ‘dispetti’ tra il commissario ad acta, Giustini ed il presidente della Giunta regionale, Toma; l’idea dei due piani differenziati, con soluzioni anti-Covid diverse, soprattutto in riferimento al ‘caso-Larino’, non è stata una bella cartolina del Molise e va contro quello che invece di norma dovrebbe accadere in una situazione di emergenza, che può essere superata solo con la coesione. Non aiuta neanche sapere che a bocciare l’ipotesi di un centro-Covid a Larino sia stato il governo centrale, visto che quel punto non era condiviso neanche dalle due autorità sanitarie locali.

Ora il nuovo fronte: il Molise è zona gialla-plus, denominazione curiosa e colorita (oltre che ‘colorata’) in sintonia con tutta la gestione delle ‘zone’ in Italia, che è stata più o meno approssimativa. Questo vuol dire che nel ‘panel’ delle libertà concesse a livello nazionale, che sono adesso maggiormente monitorate, il presidente Toma può disporre ordinanze restrittive proprie (lo poteva fare anche prima di questo nuovo ordinamento, ma su punti specifici); cosa che ha puntualmente fatto, ma sembra al momento con limitato successo popolare. Come mai? La Regione Molise ha deciso, in deroga alle disposizioni nazionali, la chiusura delle scuole medie e delle elementari, dando però facoltà ai sindaci di provvedere diversamente sulla scuola primaria. Orbene, Campobasso e Termoli si sono subito dissociati, decidendo di lasciare aperte le elementari e il fronte dei contrari all’ordinanza cresce di giorno in giorno. Anche questo non è certo un buon segnale, ma non è detto che la colpa sia tutta della Regione; secondo me l’esecutivo locale paga anche il pegno di una generale impopolarità ma è anche ristretto in una serie di logiche complesse, situazioni diverse da paese a paese e storie di campanile tra l’uno e l’altro, che adesso lo vedono in difficoltà su ogni decisione.

Ma non è tutto: ha avuto riscontro nazionale la decisione, supponiamo dei vertici Asrem, di vietare l’accesso alla troupe televisiva di ‘Non è l’Arena’ del celebre conduttore Giletti, che sulla struttura campobassana avrebbe dovuto realizzare un servizio all’interno di una puntata a tema sanitario; poi, come se non fosse sufficiente tutto quello scritto, il Ministero della Salute invierà indagini sul nosocomio campobassano a seguito di apposite richieste da parte del sindaco di Campobasso Roberto Gravina. Insomma il Molise esempio nazionale, regione virtuosa e sana ora sta facendo emergere difetti, contraddizioni, difficoltà a tutti i livelli e carenze organizzative un po’ ovunque.

Non ci resta che sperare che tutti si calmino e decidano di remare dallo stesso verso, perché all’orizzonte c’è la catastrofe.

Stefano Manocchio

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