L’economia “rimbalza”, ma l’Italia è più povera

L’Istat nel suo Rapporto annuale 2021, sostiene che la recessione causata dalla pandemia è stata violenta, ma la ripresa è in atto e la fiducia è ai massimi, si spera che il Pnrr generi un impatto positivo vicino al 3% ,ma ci sono 35.000 occupati in meno e 2 milioni di famiglie povere, è record negativo di nascite dall’Unità d’Italia.

L’emergenza sanitaria ha portato con sé pesanti ripercussioni sul quadro economico e sociale italiano ma grazie alle misure di sostegno e alla ripresa delle attività, sembra si stia delineando il rimbalzo tanto atteso. “Nonostante un moderato recupero occupazionale nei mesi recenti, a maggio ci sono 735 mila occupati in meno rispetto a prima dell’emergenza.

I trasferimenti alle famiglie hanno limitato la caduta del reddito disponibile (-2,8%), il calo dei consumi è stato più ampio di quello del reddito e il tasso di risparmio è quasi raddoppiato. I consumi sono scesi più nel Nord che nel Centro e nel Mezzogiorno, la spesa per alimentari e abitazione è rimasta invariata, si sono ridotte molto quelle più colpite dalle misure restrittive sulle attività e dalle limitazioni agli spostamenti e alla socialità, l’incidenza della povertà assoluta, misurata sui consumi, è in forte crescita, soprattutto nel Nord, fa da sfondo un nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia e un massimo di decessi dal secondo dopoguerra.

Negli ultimi mesi c’è una convergenza di tutte le principali economie verso un sentiero di veloce recupero a cui il nostro Paese sembra essersi agganciato, il Pil italiano, dopo la caduta dell’anno passato (-8,9%) dovuta essenzialmente al crollo della domanda interna, è previsto in rialzo del 4,7% nel 2021.

La robusta ripresa dell’attività, dei consumi e degli investimenti, previsti nel 2021 saranno spinti anche dall’avvio del Pnrr e sono quantificabili, secondo un esercizio di simulazione, in un innalzamento del livello del Pil, rispetto allo scenario base  compreso tra il 2,3/2,8% nel 2026, con impatto che aumenta al crescere dell’intensità della componente immateriale della spesa (R&S, software, altri prodotti della proprietà intellettuale).

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza avrà effetti anche sulla prolungata stagnazione della produttività del lavoro che contraddistingue il nostro paese concentrandosi sulla ripresa del processo di accumulazione del capitale materiale e immateriale e il rafforzamento del percorso verso la transizione energetica ed ecologica.

La povertà assoluta è in forte crescita e interessa nel 2020 oltre 2 milioni di famiglie (7,7% dal 6,4% del 2019) e più di 5,6 milioni di individui (9,4% dal 7,7%). La condizione peggiora di più al Nord che al Centro e nel Mezzogiorno. Cala anche il reddito primario delle famiglie che è sceso di 92,8 miliardi di euro (-7,3%). I massicci interventi pubblici di redistribuzione hanno fornito un contributo positivo di circa 61 miliardi di euro, compensando due terzi della caduta e sostenendo il potere d’acquisto delle famiglie, a fronte della discesa molto più ampia della spesa, la propensione al risparmio è salita dall’8,1 al 15,8%.

La crisi sanitaria ha compromesso la solidità delle imprese: nel primo semestre del 2020 oltre tre quarti delle aziende industriali con almeno 20 addetti hanno registrato ampie cadute di fatturato, sia sul mercato nazionale sia su quello estero; risultano strutturalmente a rischio la metà delle micro (3-9 addetti) e un quarto delle piccole (10-49 addetti), soprattutto nel terziario.

Nell’anno Covid in Italia si sono avuti 746.146 decessi, il valore più alto registrato dal secondo dopoguerra: rispetto alla media 2015-2019 si sono avuti 100.526 decessi in più (15,6%). La speranza di vita alla nascita, per il complesso della popolazione (maschi e femmine insieme), è scesa a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019,per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012.

Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita si abbassa di 1,4 anni, a 79,7 anni, mentre per le donne scende di un anno, a 84,4 anni, ampliando il differenziale di genere, con riferimento alle classi di età, il contributo più rilevante all’aumento dei decessi rispetto alla media dei cinque anni precedenti è dovuto all’incremento di morti ultraottantenni, che spiega il 76,3% dell’eccesso di mortalità complessivo. In totale sono decedute 486.255 persone oltre gli 80 anni, 76.708 in più rispetto al quinquennio considerato.

All’inizio del 2021 l’eccesso di mortalità totale, confrontato alla media 2015-2019, è più contenuto nel primo bimestre (+6,6% a gennaio, +0,9% a febbraio) ma si accentua nel secondo (+13,6% a marzo, +20,9% ad aprile), a marzo si riscontra un netto calo di decessi rispetto allo stesso mese del 2020 (-23,5%), in particolare nel Nord del Paese (-40.0%), che persiste anche,ad aprile, con una diminuzione del 14% rispetto all’anno precedente, ascrivibile esclusivamente alle regioni del Nord (-29,9%). Centro Italia e Mezzogiorno, poco toccati dalla prima ondata pandemica, registrano infatti un aumento della mortalità rispettivamente del 4,4% e del 9,8% nel confronto con aprile dello scorso anno.

Il record negativo del numero di nascite toccato in Italia nel 2019 è stato di nuovo superato nel 2020, il calo continua a gennaio e febbraio di quest’anno, a marzo si registra una lieve inversione di tendenza, l’anno scorso i nati della popolazione residente sono stati 404.104, il 3,8% in meno rispetto al 2019 e quasi il 30% in meno a confronto col 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite; nei primi dieci mesi del 2020 le nascite mostrano una diminuzione del 2,7%, in linea con il ritmo che ha caratterizzato il periodo dal 2009 al 2019 (-2,8% in media annua), la discesa accelera nei mesi di novembre (-8,2% rispetto allo stesso mese dell’anno prima) e soprattutto di dicembre (-10,3%), corrispondenti ai concepimenti dei primi mesi dell’ondata epidemica 2020, nel Nord-ovest il calo tocca il 15,6% a dicembre.

Alfredo Magnifico

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