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L’ Italia castiga le madri lavoratrici

Alfredo Magnifico

In Europa si favoriscono la conciliazione tra lavoro e vita privata, nel nostro Paese il prezzo della maternità lo pagano  le donne, sopratutto quelle con minori risorse educative ed economiche

Occupazione e fertilità vanno d’accordo in Europa: più sono le donne al lavoro con contratti stabili e retribuzioni dignitose e minore è il calo delle nascite. L’incremento dell’occupazione che sta avvenendo in Italia dal 2021 e che per certi versi è stato definito miracoloso aiuterà allora ad attenuare la crisi demografica che ci attanaglia? Non è detto.

I dati forniti dagli istituti di statistica sono solitamente aggregati e nascondono le differenze tra i tassi di occupazione di chi ha uno, due, più di due o nessun figlio a carico, che, però, sono molto diversi e, soprattutto, hanno avuto un andamento differente negli ultimi anni, sia in Italia che in Europa.

Dal 2019 al 2024 nel nostro Paese gli incrementi della quota di lavoratori sulla popolazione non hanno visto qualcuno più sfavorito di altri se non i pochi genitori di tre o più figli, ma se il confronto è con il 2013, l’anno peggiore per il mercato del lavoro in Italia, è evidente come i maggiori miglioramenti siano stati appannaggio di quanti non hanno prole da mantenere. Questi hanno visto un incremento del tasso di occupazione dell’8,3 per cento, maggiore di quello medio del 7,2 per cento, mentre nel caso di coloro che hanno uno o due figli l’aumento è stato ancora inferiore, del 5,5 e del 6,7 per cento.

Nell’Unione Europea in media non è andata diversamente, questi numeri sono dovuti al fatto che i posti di lavoro sono cresciuti soprattutto per coloro che hanno più di cinquant’anni e vanno in pensione più tardi di prima e per i più giovani che non hanno ancora figli. Si tratta in apparenza di un’evoluzione naturale, considerando che soprattutto in Italia giovani e cinquantenni un tempo partivano da tassi di occupazione piuttosto bassi.

Tuttavia a fare pensare che ci possa essere una relazione tra genitorialità e accesso al mondo del lavoro è l’analisi dei dati per età dei figli: nel nostro Paese tra 2013 e 2024 a vedere un incremento occupazionale ridotto, del 3,9 per cento contro una media del 7,2 per cento, sono stati coloro che li hanno piccoli, di meno di sei anni. Il divario è evidente anche nei numeri sull’aumento dal 2019 in poi e non sembra essere affatto casuale.

Non solo, in questo caso l’Italia si distingue dal resto d’Europa, se nel 2009 il tasso di occupazione di chi aveva il figlio minore con meno di sei anni era solo dello 0,9 per cento inferiore alla media Ue, nel 2024 era del 5,9 per cento più basso. Il gap è peggiorato anche in Francia, ma si partiva da numeri superiori a quelli europei, mentre in Spagna è rimasto stabile e ora è meno negativo che in Italia.

A fare la differenza, neanche a dirlo, sono soprattutto i numeri relativi alle donne. In media nel nostro Paese tra 2013 e 2024 il tasso di occupazione femminile è cresciuto un po’ più di quello maschile, +7,3 per cento contro +6,9 per cento, ma questo non è vero proprio per i genitori di bambini di cinque anni o meno. In quest’ultimo caso l’occupazione femminile è salita solo del 3,7 per cento, mentre quella dei padri del 4,5 per cento e si tratta di un divario evidente che si è sviluppato sia prima che dopo il Covid.

Tra i genitori di figli piccoli non solo il divario fra i generi è massimo e molto maggiore di quello europeo, con un tasso di occupazione femminile di quasi trentaquattro punti inferiore a quello maschile, 55,6 contro 89,4 per cento, ma nel corso del tempo è persino aumentato, a differenza di quello che è accaduto per i genitori di figli più grandi.

Scavando tra i numeri diventa ancora più chiaro il legame tra mercato del lavoro e fertilità, ovvero come quest’ultima sia sfavorita dalle dinamiche occupazionali di chi è madre. Tra coloro che hanno bambini a carico di meno di sei anni, hanno visto un trend deludente soprattutto quante ne hanno più di uno. In undici anni per le donne con due figli di cui almeno uno piccolo il tasso di occupazione è salito solo del 3,8 per cento, arrivando al 54,6 per cento, mentre è cresciuto di ben il 14,1 per cento, al 66,2 per cento, nel caso delle donne con due figli di dodici anni o più. Venti anni fa i due tassi di occupazione erano sostanzialmente uguali.

Mediamente nella Ue è accaduto esattamente l’opposto, ad aumentare di più, del dieci per cento, è stata invece proprio la quota di occupate tra le madri di due bambini con il minore di meno di sei anni.

C’è un caso in cui questi gap sono inferiori, è quello in cui la madre è laureata. Se questa ha conseguito un titolo universitario il suo tasso di occupazione rimane sopra l’ottanta per cento anche se ha due bambini a carico e anche se uno di questi ha meno di sei anni e il gap rispetto al dato di una donna nelle stesse condizioni ma con figli con dodici anni e più è del 7,6 per cento, mentre sale al 14,5 per cento se parliamo di diplomate.

Non solo, negli ultimi anni sono state proprio le madri laureate a vedere i maggiori e in alcuni casi gli unici aumenti del tasso di occupazione, dal 2013 al 2024 è cresciuto di ben il 7,9 per cento nel caso di quelle con un bambino piccolo, mentre per le diplomate si verificava un calo del 4,1 per cento.

Lo stesso è accaduto per le donne con due figli, sempre con meno di sei anni, +2,6 per cento per le laureate e -2,9 per cento per le diplomate. Queste ultime hanno visto un segno più piuttosto vistoso solo nel caso di bambini più grandi, in particolare nella fase successiva al Covid.

Sembra chiaro come per le madri che si sono fermate alle scuole superiori, ovvero, ricordiamolo, la maggioranza, l’esigenza di un’occupazione sia sì aumentata negli anni, come per tutte le donne, ma solo nel caso in cui il bambino abbia compiuto i sei anni. Per coloro che hanno un figlio più piccolo gli ostacoli alla conciliazione tra famiglia e lavoro sono rimasti immutati nel tempo e insuperabili, al contrario che per le laureate. Queste ultime sono le uniche ad avere sia le risorse economiche per pagare asili nido e baby-sitter sia, soprattutto, la possibilità di lavorare in realtà più grandi, in cui esiste un welfare aziendale e in cui le agevolazioni di legge sono rispettate.

In ogni caso questa fase di espansione dell’occupazione rende ancora più evidente come alla base del calo della fertilità ci siano anche i limiti all’occupabilità che avere figli, soprattutto più di uno, implica. Ancora più chiara, però, appare l’unica soluzione possibile, ovvero una maggiore istruzione per le donne, quindi un posto di lavoro più sicuro e meglio pagato. Solo con più madri laureate forse sarà possibile frenare, se non fermare, quella catastrofe demografica che incombe silenziosamente su di noi.

Alfredo Magnifico

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