Italia paese di poveri o di elusori fiscali?

Dai dati elaborati da “Itinerari previdenziali”, risulta che 30 milioni di italiani, circa la metà della popolazione, non ha redditi e vive a carico di qualcuno, una percentuale atipica, degna più di un Paese povero e che non di un paese membro del G7, dei 30 milioni,  5 milioni risultano indigenti, ma il risparmio gestito cresce a 2.280 miliardi, i depositi bancari a 1.700 miliardi, l’attività sommersa vale 210 miliardi e la ricchezza delle famiglie è da record: 8,4 volte il reddito medio.

Se da una parte la politica si affanna a cercare strumenti anti povertà,dall’altra il Paese diventa sempre più campione di ricchezza, d’altronde il Modus Vivendi e il possesso di taluni beni di consumi e spese dalla  telefonia,all’ alcol,dal tabacco,al gioco d’azzardo, smentiscono la tesi della miseria, anzi  rivelano l’esistenza di una più che consistente presenza di lavoro nero e elusione fiscale incentivata da bonus e sconti assegnati a chi dichiara redditi bassi.

Il 13,07% dei contribuenti italiani, con redditi sopra i 35mila euro, versa il 58,95% di tutta l’Irpef e se a questi si aggiungono quelli che hanno un reddito fra i 20mila e i 35mila euro, si arriva l 91% dell’Irpef totale.

I dati restano emblematici e contraddittori e ritraggono un Paese che, a volte, non si vuole vedere; un’Italia polarizzata tra chi ha di più e chi ha meno, tra chi sa di più e chi resta analfabeta funzionale, tra chi ha un lavoro e chi non lo trova, tra chi è nel circuito delle regole e della legalità e chi, invece, resta invisibile in un sommerso, a volte illegale, sempre più dilagante.

L’idea di un Paese ridotto in povertà è fuorviante, il risparmio gestito, patrimonio accumulato da gestioni collettiva e di portafoglio è di 2.280 miliardi, quest’anno è cresciuto del 13,9%, ricchezza pari all’intero debito pubblico che, a ottobre è di 2.447 miliardi, e  non smettono di far crescere i depositi che ammontano a oltre 1.700 miliardi, più o meno quanto il Prodotto interno lordo.

Molti italiani sono scivolati nella nuova povertà con il volto dei working poors,(lavoratori poveri) il 12% dei lavoratori  guadagnano meno di 8.200 euro l’anno, molti di questi si arrangiano e si addizionano a chi opera nel doppio lavoro anche sommerso , oggi meglio definito «nero di sopravvivenza» e della «resilienza opportunistica e molecolare»: l’Istat ormai vale 210 miliardi, il 12,4% del Pil, in questo mondo  grigio c’è, il doppio lavoro diversi istituti lo stimano in un 20% , un lavoratore ogni cinque arrotonda lo stipendio al di fuori dei radar del Fisco.

In conclusione vi è troppa elusione oggi “sarebbe il momento di mettere in pista una politica fiscale che incentivi l’emersione, attraverso il contrasto di interessi tra chi compra la prestazione e chi la fornisce”.

Alfredo Magnifico

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