Il costo della crisi/Per rilanciare l’economia italiana serve una politica fiscale espansiva

Gli effetti della crisi da Covid continuano ad incidere negativamente sull’economia italiana e sul sistema delle imprese, che soffrono e perdono posti di lavoro.

Le ultime previsioni della Commissione europea, sull’Italia, evidenziano un calo di Pil del 9,9% sul 2020 e un rimbalzo del +4,1% nel prossimo anno, che rimarrà al di sotto del 6,2% rispetto al livello pre-crisi del 2019, Italia e Spagna risulteranno Paesi maggiormente colpiti da recessione causata dall’ epidemia di Covid-19.

La gente ha paura di spendere, per cui il sistema è imbrigliato da un eccesso di risparmio, nei primi nove mesi del 2020 i depositi di famiglie e imprese sono saliti di 109,1 miliardi di euro, quasi il doppio dell’ incremento di 58,8 miliardi di euro nello stesso periodo dell’ anno precedente.

Il volume degli investimenti in macchinari ritorna ai livelli di tre anni prima; mentre le esportazioni manifatturiere, nei primi nove mesi del 2020, scendono del 11,6%, pari a 40,9 miliardi di euro in meno, la produzione manifatturiera si è ridotta del 14,9% e quella delle costruzioni è scesa dell’11,5%: manifattura e costruzioni registrano complessivamente, un calo del valore della produzione di 123,2 miliardi di euro.

Il volume delle vendite al dettaglio è diminuito del 7,2%, con accentuazione marcata per quelle di prodotti non alimentari, che registrano un calo del 13,6%, il fatturato dei servizi ha ceduto il 17%.

L’occupazione, tra febbraio e settembre 2020, registra un calo di 329 mila unità, con prevalenza sulla componente  giovanile del mercato del lavoro: il 95% della flessione è determinata dal calo di 313 mila occupati al di sotto dei 35 anni, cali più intensi si osservano per le donne e nelle regioni del Mezzogiorno.

Il calo di ricavi crea tensioni straordinarie sulla finanza aziendale, a causa delle richieste di moratoria su prestiti e  garanzie sui finanziamenti del Fondo di Garanzia, i prestiti alle imprese segnano un aumento del 6,9%, dopo molti anni, è tornato positivo il trend di prestiti alle piccole imprese (+2,6% a giugno 2020), che non è finalizzato a investimenti ma a sopperire la minore liquidità derivante dal crollo dei ricavi, con conseguenze di  maggiori costi e impatto negativo sul valore aggiunto.

Le iscrizioni al registro delle imprese è in caduta libera, le cessazioni potrebbero aumentare in modo significativo anche nel corso del 2021, entro fine anno il 21% delle imprese sarà soggetta a rischi operativi e con difficoltà a proseguire l’attività.

Le restrizioni, previste dal Dpcm del 3 novembre, estese alle attività economiche e alla mobilità nelle otto regioni in area rossa, nelle quali si concentra il 46,2% della popolazione, il 48,1% del Pil, il 52% del made in Italy e il 50% del turismo invernale, se le restrizioni fossero prolungate al mese di dicembre, accentuerebbero l’effetto recessivo, considerato che le vendite natalizie di prodotti non alimentari e di abbigliamento risultano superiori del 40,3% e del 48,3 alla media degli altri undici mesi dell’anno.

La crescita del debito pubblico è senza precedenti e nel 2020 salirà al 158% del Pil, solo nei primi nove mesi il debito della Pubblica amministrazione è salito di 172,6 miliardi di euro, alla velocità, impressionante, di 7.293 euro al secondo.

L’Italia è al 58° posto nel mondo per facilità di fare impresa e al 23° posto tra i 27 paesi dell’Unione europea, al 5° posto per pressione fiscale, precipita al 26° posto per la qualità dei servizi pubblici, scende al 128° posto nel mondo per complessità e tempi necessari alle imprese per pagare le imposte, al 122° posto per la risoluzione di una disputa commerciale, al 119° posto per l’ottenimento di credito e al 97° posto per le licenze edilizie, mentre i prezzi dell’ energia elettrica pagati dalle piccole imprese italiane sono del 22,2% superiori alla media Ue a 27 e per consumi inferiori a 20 MWh il costo dell’elettricità è il più elevato di tutta l’Unione.

Per rilanciare l’economia italiana serve una politica fiscale espansiva  per contenere il rapporto debito/Pil,occorre  massimizzare il tasso di crescita, focalizzando le risorse a favore degli investimenti privati e pubblici che negli ultimi dieci anni hanno registrato un crollo del 29,9%, vanno migliorate le condizioni di competitività delle imprese e migliorata l’efficienza dei servizi erogati dalla Pubblica amministrazione.

Alfredo Magnifico

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