PD Molise: il gioco dei quattro cantoni

Come volevasi dimostrare, quello che era nell’aria da tempo, si è verificato; ci riferiamo alla costituzione anche nel Molise del DP che vede cambi di casacca a livello dei massimi vertici regionali, tanto da far aumentare i “molti mal di pancia” che causano notti insonni, ma anche perché la Réunion del partito di maggioranza indetta dalla segreteria regionale, non è stata una passeggiata di salute leggasi dimissioni del vicesegretario, anche se si registra l’ingresso di nuove forze. Cose che bollivano in pentola da tempo anche se non sta assolutamente a noi giudicare le scelte perché un detto locale dice “come ti fai il letto così ti ci corichi”; ci auguriamo che il sonno (dei giusti) non sia agitato da fantasmi, perché si rischia di non allinearsi con i principi che regolano il delicato equilibrio delle cose e questo, per il bene della collettività molisana è da scongiurare. Dicevamo, ci siamo “arrogati” il diritto di esternare queste poche considerazioni, in nome e per conto dei cittadini, perché lo sconcerto è sempre più palese tant’è che si stenta a riconoscersi in certi ambiti. Non giudicateci disfattisti ma, la metamorfosi, non quella di Ovidio né tanto meno di Kafka, che ha portato allo sconvolgimento del mondo politico locale, non sappiamo fino a che punto possa giovare a chi le ha messe in atto. Un non giovamento, almeno, questo è quello che crediamo, dovuto essenzialmente a una presa di coscienza di chi arrivato in cima non si sente più sicuro e teme una caduta libera, tanto da non essere rieletto. Con questo, non auguriamo a nessuno di precipitare rovinosamente, perché chi siede nelle stanze dei bottoni, si è dimostrato più di una volta preparato, intelligente e pronto a battersi per le sorti del Molise.

Una caduta, dicevamo, che forse potrebbe essere evitata solamente se si mettessero da parte i troppi “personalismi” che rappresentano il vero nodo che, non permette assolutamente il decollo della politica, quella con la “P” maiuscola anche nella terra un tempo dominata dai Sanniti, popolo che seppe soggiogare le aquile romane, ma questa è un’altra storia. Per tornare allo scritto, ci siamo permessi di titolarlo in questo modo, perché la situazione che si è venuta a creare ci ricorda il gioco dei quattro cantoni, che da ragazzi si faceva, senza alcuna allusione né a fatti né a persone, che divertiva perché c’era sempre qualcuno che meno lesto degli altri non riusciva a occupare lo spazio angolare; cosa che lo escludeva matematicamente dal gioco. Un gioco che, nelle fattispecie, questa è la cosa, forse più preoccupante, mette in mostra com’è molto difficile fare politica. Noi che scriviamo spesso e volentieri siamo stati invitati a entrare nel “parterre politico”, siccome, non siamo politici e tanto meno sappiamo fare la politica, con molta umiltà e garbo, abbiamo sempre rifiutato gli inviti, anche perché potremmo arrecare danni e non apportare benefici a nessuno.

Eppure ci sono molti che ambiscono a ricoprire cariche, anche le più insignificanti, valli a capire. Il grande bardo nel “Giulio Cesare” fa dire ad Antonio quando commemora “Cesare” “Romani non sono qui per piangere la morte di Cesare…eppure Cesare era un uomo d’onore” Un “onore” che ora come ora, ci è difficile riscontrare perché lo “sbandamento” si è impossessato dei gangli del sistema, cosa che porta ad uno stravolgimento totale delle cose. Uno stravolgimento che a noi uomini della strada, appare inconcepibile ma che, in nome della politica “è utile” non sono parole nostre, ma di chi vive di politica, anche se “utilità” è una parola “grossa” specialmente quando in palio ci sono le sorti della collettività qualunque, essa sia.

Massimo Dalla Torre

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