Messa Crismale/Colaianni: il mondo si converta e passi dalla morte, alla risurrezione, di vita e di pace

Riportiamo l’omelia, che mons. Biagio Colaianni ha pronunciato durante la Messa Crismale, di mercoledì 27 marzo.

Carissimi fratelli e sorelle,

vi porto il saluto di Monsignor Dini e in particolare di Monsignor Bregantini che ringrazio ancora per quanto ha operato e costruito in questa nostra Arcidiocesi. Saluto il Vicario Generale e lo ringrazio per il saluto che mi ha rivolto e condivido quello indirizzato ai nostri confratelli che sono in difficoltà per la salute e a quelli che sono assenti per motivi particolari. Saluto voi cari fratelli nel presbiterato, voi religiosi e religiose, diaconi, seminaristi, associazioni e movimenti, voi laici tutti. Ancora, ringrazio per la presenza e saluto, le autorità civili e militari convenute. Siamo nella chiesa di Sant’Antonio e ringrazio il parroco e la comunità religiosa per aver accolto tutta la chiesa diocesana, credo con certezza che questa sia l’ultima volta che si celebri fuori della Cattedrale che rimane ed è segno visibile della unità della chiesa diocesana attorno al vescovo. 

Questa è una celebrazione particolare, stasera tutta la diocesi è presente ed è rappresentata: lo esprime ed evidenzia la stessa liturgia in due momenti: il vescovo con i sacerdoti per il rinnovo delle promesse sacerdotali che dicono la partecipazione al sacerdozio di Cristo e il laicato presente, attorno al vescovo, per accogliere e partecipare alla consacrazione degli oli con i quali saranno celebrati i sacramenti, durante l’anno, in ogni comunità parrocchiale per la santificazione e salvezza di chi li riceve. 

Siamo tutti partecipi del Sacerdozio regale di Cristo come il prefazio ci ricorderà: con il sacerdozio ministeriale perché consacrati e mediante il sacerdozio comune dei fedeli perché battezzati. 

Vi confesso che sono emozionato e incerto per quanto vi dirò considerato che sono tra voi come vescovo da appena venti giorni e quindi mi sento più vicino e in sintonia come fratello nel sacerdozio che ho vissuto per 40 anni e che mi permette di immedesimarmi in quello che siete e vivete nel vostro essere sacerdoti e pastori di una parte del gregge che vi è stato affidato. Ma ho anche la consapevolezza di essere stato posto a vostra guida come segno di unità del presbiterio e della diocesi tutta e questo devo impararlo, perciò vi chiedo ancora una volta di pazientare, di permettermi di fare conoscenza di ognuno di voi, possibilmente non formale o rispondente solo alle vostre necessità, ma nella riscoperta di un ministero condiviso secondo quanto il Signore chiede a ognuno di noi come intende ancora il prefazio: modello è Cristo, al quale conformarci donando la vita nella testimonianza di fedeltà e di amore generoso. Assieme, ognuno di noi è chiamato a imitarlo.

Abbiamo ascoltato Isaia che dice: “Lo Spirito del Signore è su di me perché mi ha consacrato con l’unzione” lo Spirito che consacra è uno, non ce n’è altri, è lo stesso che ha agito in ognuno di noi consacrandoci sacerdoti. Non abbiamo usato noi dello Spirito perché agisse in ciascuno, è il contrario, lo Spirito ha posto la sua azione in noi, e lo Spirito è unico, la sua inabitazione in noi con la consacrazione è unica, siamo partecipi dunque di un unico sacerdozio che è quello di Cristo. In esso dobbiamo riconoscerci per quello che siamo, il nostro rinnovarci nelle promesse sacerdotali è dire che accettiamo personalmente e comunitariamente di essere presbiteri, nel e del presbiterio diocesano assieme al vescovo. Questo ci permette di dirci fraternità e famiglia sacerdotale perché costituiti tali da Dio con l’ordinazione. Oggi accogliamo quanto Dio ci ha donato e ci offre ancora attraverso il rinnovo delle nostre promesse. 

Il nostro essere sacerdoti oggi, nonostante gli eventuali motivi di preoccupazione o di scoraggiamento per le situazioni difficili che possiamo vivere, nonostante ogni delusione o incomprensione possibili, non può e non deve abilitarci a stare ognuno per conto proprio, ad allontanarci l’uno dall’altro a chiuderci e isolarci. Isaia dopo aver descritto che per l’unzione si è inviati a portare il lieto annuncio, a consolare e guarire i cuori spezzati, a liberare da ogni forma di schiavitù e di male con l’olio della letizia, usa il voi. Ciò è identificativo per noi e di comprensione della gente, dell’essere personalmente, ma collegialmente in comunione sacerdotale perchè ministri di Dio. Siamo segno dell’elezione e benedizione di Dio per tutto il popolo, perché siamo scelti, eletti e inviati a loro come unico presbiterio, pur nel servizio specifico, sacerdotale e pastorale, a cui il vescovo invita e chiama. I fedeli ci riconoscano come sacerdoti della chiesa, sempre e comunque, non come ‘il mio don’ diverso dagli altri, speciale, il migliore, come se ognuno di noi autonomamente incarnasse tutto il Cristo. Ciò chiaramente, lo dico, non per spersonalizzare le relazioni del sacerdote con il gregge affidatogli, ma perchè in lui si riconosca la Chiesa, il presbiterio di cui tutti facciamo parte e che lui incarna nel suo ministero come ogni altro sacerdote. Questo sentirci parte dell’unico sacerdozio di Cristo per Grazia e dono di Dio, ontologicamente e sacramentalmente è sentire che il ministero sacerdotale è derivazione del ministero del vescovo, non solo il segno di unità per noi e per i laici, ma diventa motivo fondamentale di testimonianza dell’unico Signore che annunciamo al mondo intero. 

Allora la liturgia e celebrazione dei sacramenti che richiede unità per evitare confusione nelle comunità, la catechesi e ogni forma di evangelizzazione e annuncio pur nella originalità di quanto ognuno sa fare, la carità e ogni modo di essere prossimi a chi è nel bisogno, siano testimonianza di quella unità e fraternità che viviamo. Il mio non è invito all’omologazione e appiattimento, ma ad una creatività possibile, ma nella comunione, secondo quanto ciascuno può offrire e secondo quanto le comunità che avete, possono esprimere secondo ciò che lo Spirito Santo ispira e la vostra guida di pastori indirizza. 

In tutto ciò dobbiamo cogliere la necessità dell’obbedienza alla chiesa, al nostro essere presbiteri assieme all’altro, non perché mi piace, non ci scegliamo, ma perché siamo chiamati con l’ordinazione e la incardinazione ad esserne parte nell’unità e nella comunione fraterna, abbandonando e superando la tentazione dell’individualismo e della chiusura, che inevitabilmente, portano all’autoreferenzialità personale e/o anche della comunità. Certo, stare per conto proprio e coltivare il proprio orticello è più comodo e non crea fastidi, ma davanti a Cristo, e per Lui, e per la Chiesa, e per il Popolo stesso di Dio, va proprio bene così, è la scelta più santa? 

La chiesa sta celebrando il Sinodo, nella nostra diocesi è già stato portato a termine, la sinodalità è per tutti, forse proprio a partire dai sacerdoti e fra loro con il vescovo. In questo siatemi vicino e di collaborazione, sempre nella pazienza, perché io impari e cresca, ascolti e sia docile ai vostri consigli e suggerimenti, come anche voi dovete fare verso di me e per il mio ministero episcopale. 

Costruiamo la fraternità sacerdotale, anche se è difficile e costa sacrificio, ma che oggi celebriamo e nella quale rinnoviamo le nostre promesse. E se un sacerdote è in difficoltà di vario tipo e fatica e si isola, e credo che ognuno di voi capisca e conosca quanto intendo e dico, non solo siamogli vicino, ma sosteniamolo, portiamolo davanti a Dio con amore fraterno nelle celebrazioni e incontriamolo, aiutandolo, per quanto ognuno può fare e il confratello accoglie. 

Nel tempo che viviamo di contrapposizioni inutili e di guerre suicide dell’umanità, quale testimonianza più bella e grande che mostrare la comunione di cui siamo capaci e che viviamo, perché il mondo si converta e passi dalla morte, alla risurrezione, di vita e di pace che Dio offre e che chiede di essere testimoniata da noi e accolta da tutti. 

La particolarità di questa celebrazione, diversa da tutte, come per il rinnovo delle promesse sacerdotali è anche data dalla consacrazione degli Oli Santi con cui saranno unti molti fedeli che attraverso lo Spirito Santo, apparterranno al Signore, saranno santificati e saranno inviati come missionari di salvezza, di misericordia, di tenerezza e di consolazione. Gli oli che saranno Benedetti sono il Crisma per la celebrazione dei sacramenti del Battesimo, della Cresima, dell’Ordinazione Sacerdotale ed Episcopale; l’Olio dei Catecumeni per il Battesimo e l’Olio degl’Infermi. È l’abbondanza della grazia di Dio che si riversa sul suo popolo Santo perchè sia tale. 

È bello che voi laici siate qui per festeggiare i sacerdoti che conoscete e con cui camminate nella vita cristiana, ma soprattutto è bello perché partecipate del dono che Dio fa alla nostra chiesa diocesana e alle comunità parrocchiali che prenderanno di quest’Olio e lo presenteranno nella messa in Coena Domini come sacramento di salvezza. È il segno della comunione a cui siete chiamati e che vivrete durante l’anno con tanti fratelli che entreranno a far parte della vostra comunità, che incontrerete nella sofferenza e che nell’unzione troveranno consolazione e conforto. Attraverso i sacerdoti suoi ministri, in comunione con il vescovo, con gli Oli Santi, Dio dona salvezza al suo popolo. Questa è la celebrazione dell’unità e della comunione che ci consacra e ci sollecita a viverle nell’amore, nella misericordia e accoglienza reciproca, sempre, nonostante le fragilità, come si fa in ogni buona famiglia, e con i fratelli e le sorelle. 

È questa la chiesa che siamo e sentiamo col cuore, che sicuramente desideriamo e vogliamo realizzare perché si viva la Pasqua, una chiesa liberata dalla passione di Cristo e che testimoni di essere libera da ogni rifiuto, divisione e chiusura. 

Si condivida nella preghiera il Triduo Pasquale in comunione tra le varie parrocchie e comunità, come cammino da celebrare, ma ancor più da vivere con ogni fratello a cui annunciare la Resurrezione di Cristo che noi possiamo rendere vera e credibile, testimoniando la sororita’, la fraternità e la pace. 

La mia omelia è un’esortazione che, vi assicuro, scaturisce dal cuore, dalla paternità che sento per voi, perciò ringrazio Dio per il presbiterio e la chiesa che siete e che immeritatamente mi è donata. Ci custodisca e sostenga la Madonna Addolorata e intercedano tutti i santi protettori a cui vi affidate, di ogni comunità parrocchiale e della nostra Arcidiocesi. Il Signore ci benedica e ci porti nel palmo della sua mano.

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