corpedelascunzulatavecchia/U meglie pesce è sempe u puorche (da mangiare non c’è niente di meglio del maiale)

Ho postato questo detto campobassano/molisano a corredo di un mio post su Facebook. Un amico dell’alt(r)a Italia me ne ha chiesto la traduzione. La traduzione letteraria è quella che ho messo tra parentesi, ma credo sia il caso di spiegare questo detto uscendo fuori dalla traduzione letteraria. Nel mondo contadino del millennio scorso, stante la scarsissima scolarizzazione, era uso comune far frequentare ai bambini sino alla terza elementare. Sino alla terza perché intorno agli otto anni lo scheletro umano inizia a rafforzarsi e quindi può iniziare a supportare (o sopportare) pesi.

Di conseguenza i nostri antenati contadini avevano questo genere di “cultura”. Se non ricordo male in terza elementare io studiai i romani ed in geografia … non lo ricordo. Ho sempre odiato la geografia per l’esistenza di cartine ed atlanti: se uno vuole conoscere la suddivisione delle Alpi inutile che reciti la litania “MA COn GRAn PEna LE REca GIU”, per ricordare che le Alpi si classificano lo ci facevano utilizzare questa frase e noi ricordavano Marittime, Cozie, Graie, Pennine, Lepontine, Retiche e Giulie.

In questo momento mi sorge il dubbio: Via Pennino (che abbiamo a Campobasso) ha a che fare con le Alpi Pennine o con il pennino dell’inchiostro? Ah, saperlo, saperlo!! Sulla scorta di questo immagino che mio nonno, contadino per tutta la sua vita, non abbia mai avuto la possibilità di studiare le “PEne e le gGRAzie” della geografia. Non avendo avuto alcuna possibilità i contadini si affidavano ai detti ed ai proverbi. Ma torniamo al porco.

Il maiale rappresentava, nello stesso momento, la sussistenza e la gioia/abbondanza per la famiglia. In una famiglia che, seppur contadina, la carne la si vedeva a tavola solo in occasione di un pollo “sacrificale” , perché anche i polli erano destinati alla vendita e se si fosse mangiato ….. Quindi il maiale rappresentava la gioia dell’avvenuto ingresso dell’abbondanza in casa e la possibilità di mangiare qualcosa di altamente gratificante a livello di papille gustative. Era tutto buono perché, come si sa, del porco non si butta via niente.

Il maiale rappresentava quindi le prelibatezze della casa, Cracco a noi ci faceva, ma ci fa, un baffo, anche perché, praticamente, non si conosceva quasi altro. Per quanto riguarda il pesce, appunto, si conoscevano molto bene baccalà ed alici, ma guarda caso, tutti e due conservati sotto sale. Era l’unico modo per conservare il pesce. I congelatori c’erano, ma
solo quando “menava le filippina” (vento freddo e sibilante, molto peggio della Bora, la Voira). Una menzione particolare merita il baccalà: questo “pesce veloce del Baltico” rappresentava la vera alternativa alla carne soprattutto nei giorni di vigilia. I nostri antenati erano coscienti che stessero mangiando pesce, ma era baccalà, il “vero” pesce lo vendevano, quando lo vendevano al mercato.

Sulla “terzeità” del baccalà basti pensare che come pietanza rientra nelle possibilità del menù per gli agriturismi molisani, nonostante sia prodotto in Norvegia, Islanda o Scandinavia. Quindi baccalà ed alici sotto sale, da mettere sott’olio, promossi a pieni voti. Un inciso: a casa mia abbiamo come tradizione la sera della vigilia di Natale di preparare gli spaghetti con le alici. Tradizione che io ricordo sempre rispettata da oltre sessanta anni.
Quindi il pesce veniva consumato raramente e magari anche male, visto che il treno per arrivare da Termoli impiegava, ma impiega, oltre due ore e d’estate non esisteva alcun sistema refrigerante. Stante questa situazione il pesce non sempre, se arrivava, arrivava in condizioni ottimali.

Bisogna poi aggiungerci la convinzione delle nostre nonne che per combattere la tenia dei maiali erano costrette a cucinare la carne molto cotta. Cottura della carne, molto cotta, che spesso si utilizzava anche per il pesce. Quando la mano è quella …..
Di conseguenza quando i nostri nonni assaggiano, se lo assaggiavano il pesce, rimanevano molto delusi. Consideriamo che erano persone votate al lavoro duro dei campi e quindi avevano bisogno di energia e grassi da spendere con il bidente (u buente) in mano. Il pesce, quando c’era, non aveva tutte queste possibilità alimentari.

Concludendo: il pesce ha pochi grassi e di conseguenza scarso potere calorico per chi era costretto a zappare; necessità di cuocere molto la carne per evitare di assumere la tenia; coscienza scarsa delle possibilità di cucinare il pesce (se lo cucino poche volte quando imparo?); difficoltà a reperire il pesce per approvvigionamento e per prezzo e quindi: …..U puorche è u meglie pesce! Spero di essere stato esaustivo, visto che non sono stato proprio breve. Saluti e salute a tutti, anche se, purtroppo, con il tipo di vita che abbiamo oggi di (porco) maiale non ne possiamo magiare molto.
Con aumentato affetto e decuplicata stima: statevi arrivederci
Franco di Biase

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