#corpedelascunzulatavecchia/Pranzo di Ferragosto con arrabbiatura. Ogni riferimento a fatti reali…

Come ogni anno anche quest’anno, e ci mancarrìa, come “direbbero” a Madrid, è arrivato il Ferragosto, in “indialetto “le 15 d’auste”. Nella tradizione campobassana era previsto “le quinni d’auste”, la scmpagnata a la “fota”. Scampagnata a base di “pullastrielle” e melone d’acqua. Adesso lo chiamano anguria, ma va bene lo stesso. Ovviamente non poteva mancare la visita alla chiesetta di Santa Maria e Fore, a chi dice “Foras” peste lo colga, nel giorno dell’Assunzione della Madonna in cielo. Festa cattolica che, come ogni altra festa si traduce in assetete e magname. L’apoteosi del “mangereccio religioso” è il Natale, festa che celebra la nascita di Gesù. Senza voler essere blasfemo mi viene l’orticaria a pensare se Gesù si fosse sposato e noi ne ricordavamo il giorno delle nozze ogni anno. Forse, e dico forse, non sarebbero bastate 123 portate tra carne, pesce, lieviti e formaggi, vino bibite varie ecc. ecc.

Al giorno d’oggi la scampagnata a la “fota” oramai non la fa più nessuno, a la “fota” ci si arrivava a piedi, oggi metti in moto la macchina ed in un attimo arrivi in montagna o al mare…a piacere.

Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede l’uso di mangiare nei giorni di festa al ristorante. Onestamente non è una cattiva cosa soprattutto se si pensa a chi deve cucinare per poi rassettare casa e cucina.

Andiamo al ristorante e ci “spariamo” u quinnece e auste per così dire in campo neutro.

Ovviamente l’idea di andare a ristorante viene a parecchi e quindi è cosa normale trovare il sold out, adesso si dice così, ma il compianto Cecchino Cerone usava dire: “iatevenne ca ‘n ci sta niente”, fermo apparecchiare tavola con ogni genere di grazia di Dio dopo la contrattazione bonaria dei clienti che si mettevano a buone parole.

Ora il “Cecchino” della situazione non c’è, si telefona al ristorante e si prenota. Nel prenotare puoi essere fortunato se trovi un ristoratore che ha predisposto un menù, anche se a prezzo fisso, oppure trovare quello che ti offre la “sorpresa” a prezzo fisso. Se non puoi/vuoi fare diversamente accetti e prenoti.

Arriva il giorno del Ferragosto e ti presenti: siamo xxxx, siamo in sei persone, abbiamo prenotato. Dopo il controllo del tipo imbarco per il volo transoceanico per la Tanzania settentrionale ti fanno sedere. Accomodare sembra brutto. Si accomodano le cose rotte. Ed a te (ancora) non si rompe niente.

Bene, una volta seduto, non accomodato, parte il gioco senza frontiere” del servizio del pranzo. Tu sei seduto, ma ignori cosa ti porteranno, ma già sai quanto pagherai. Ricordavo che al ristorante si faceva al contrario: ti dico quello che voglio e poi mi fai il contro…mah!!

Iniziamo con l’antipasto: per dirla alla Totò e Peppino nella famosissima lettera di “Totò, Peppino e la malafemmina” già dall’antipasto ti accorgi che c’è stata la “moria delle vacche”. Le fette di salumi che dovevano adornare l’antipasto sono state ridotte a striscioline ed infilzate in lunghi stecchini, più o meno arrangiati, per sembrare degli spiedini. Invece fanno una pessima figura di magro e di niente, soprattutto quando vedi che non ci hanno messo il bocconcino intero, ma lo hanno diviso per fare due spiedini. Perché, come diceva quella famosa pubblicità. “du is meglie che uan”. Siamo italiani e, si sa, impariamo tutto dalla televisione. I bambini seduti allo stesso tavolo, non li hanno deportati al baby park, e meno male, bambini sullo stato di famiglia, non trovatelli dell’ultima ora, godono di un trattamento di favore: metà prezzo rispetto ai grandi ed aspettate anche voi che prima o poi mangerete.

Stavo dicendo di giochi senza frontiere: sembra che una delle specialità di questo Ferragosto, in questo ristorante, sia stata quella di non far mangiare i componenti del tavolo tutti insieme. Ed hanno fatto bene! Il galateo prevede che con la bocca piena non si debba parlare quindi se non mangiano tutti insieme ci sarà chi parlerà e chi mangerà, veramente il galateo prevede anche che se non ci sono tutti i piatti in tavola non si può iniziare a mangiare….ma questo è un altro capitolo del galateo ed ancora non lo abbiamo, hanno letto.

Dopo l’antipasto razionato secondo le disposizione del ministero della guerra, si passa al primo: sono riusciti a far scuocere, ed a rendere insapore, sia la pasta che il riso. Questo per evitare danni alle dentature dei commensali. E qui sono insorti dentisti ed odontotecnici presenti in sala. Successivamente al primo, come da menù sconosciuto e mai letto, ma nemmeno comunicato, arriva il secondo. Siamo in città di montagna e parliamo di carne. Parliamo di carne, il giorno di Ferragosto con il ristorante pieno e quindi ci si deve adattare al fatto che, secondo un dogma religioso dello chef, la carne non può stare sulla griglia, o nel tegame, per un lungo periodo. Poi, come sappiamo tutti, siamo in periodo di covid ed è da preferire la carne molto al sangue per recuperare gli stress del fisico. Troppo cruda? Mastica bene, la dentatura te l’hanno fatta risparmiare con il primo scotto può essere utilizzata per il secondo crudo. Ah, ma la carne è anche dura? Beh, sentite, ma vi rendete conto che è ferragosto e stanno lavorando?

Con somma gioia ed insperato sollievo arriva il dolce/frutta: una ciotolina di frutta condita con un ricciolo, solo un ricciolo di gelato, mentre i commensali del tavolo affianco stanno mangiando macedonia con gelato da sontuose coppe ricolme anche di gelato. Siamo in Molise e si sa: “chi prima ze auza ze cauza”. E se nemmeno questo va bene vuol dire che non vi accontentate di niente. I bambini, intanto, hanno avuto pasta al pomodoro e cotolette e patatine, e forse hanno mangiato meglio.

Si arriva al momento dell’ “atto di dolore” da parte degli astanti : il conto, o come dicono i francesi: l’addition, è semplice: si sapeva da prima quanto si sarebbe pagato. Nemmeno una domanda di rito del tipo: avete mangiato bene? Tutto a posto? Una dei commensali si “permette” di proferire parola sulla scarsità della qualità e sul servizio pessimo, a quel punto salta fuori tutto il mestiere del vero commerciante: “signora (ma forse non l’ha nemmeno detto) vuol dire che la prossima volta non ci venite da noi”.

Da Turzolandia del terzo millennio è tutto. Sconsolato di essere corregionale di siffatti turzi spero che chiudano presto la loro attività e cambino mestiere.

Con affetto e stima, e con un panino al prosciutto: statevi arrivederci.

P.S. poi non ci lamentiamo se ci dicono che siano zotici perché si notano solo le cose brutte, quelle buone sembrano normali.

Franco di Biase

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