Commissario ad acta: e così, fra parole in libertà e difese di roccaforti, continuiamo ad attendere…

Riceviamo e pubblichiamo da un nostro lettore
Gentile direttore,

Non sono serviti i tristissimi episodi di malasanità in salsa esclusivamente molisana a smuovere l’attuale ministro della Salute. Commissario ad acta: tutto ancora nella palude. Mi piacerebbe sapere che cosa realmente impedisca questa nomina.
Quello di cui abbiamo bisogno noi molisani è una persona con i connotati che, prendendo ampiamente le distanze dalla suicida politica delle infornate o delle aperture di reparti a raffica fatta da qualcuno in passato, tenga comunque in considerazione che i servizi essenziali devono essere garantiti, altrimenti, tra punti di primo soccorso chiusi e tac (figlie uniche di madre vedova) che non funzionano, si rischia sempre la vita.
Allo stesso tempo, questa figura dovrà cominciare a creare eccellenze in alcuni campi, almeno quelli cardine della medicina, attraendo teste da fuori regione con sapienti programmi di investimento, in particolare nel mondo della ricerca, e non mettendo i paletti della competizione tra medici, che devono lavorare solo per il bene del reparto e quindi dei molisani. Mi riferisco a questo perché in più di un caso è capitato che, a seguito di invidie e gelosie incontrollate di taluni, i capaci che avrebbero potuto dare il loro contributo alla crescita della sanità nostrana hanno detto “arrivederci e grazie”.
Non ritengo che ci sia alcuna proprietà transitiva fra l’essere molisano o parte di un entourage amministrativo locale e saper rimettere a posto la sanità, dunque non capisco perché si sia alzato un polverone sulla mancata nomina di taluni.
Qualche giorno fa ho ascoltato una trasmissione locale in cui un esponente politico regionale diceva che se il personaggio non conosce il territorio, non può avere le carte in regola per fare il commissario. Sono d’accordo solo in parte, perché se invece il suddetto personaggio, dopo aver studiato attentamente le carte, si muove sulla base di criteri di ottimizzazione, creazione di eccellenze, meritocrazia, reperimento di fondi e loro immediato utilizzo in programmi sapientemente studiati, non si vede perché non debba fare il commissario. Vorrei poi chiedere a quel politico: ipotizziamo che venga chiamato un molisano, se costui-costei non fosse a capo della macchina amministrativa, tacerebbe o avrebbe da contestare?
Ritengo che le polemiche e le prese di posizione non giovino al bene di questa regione ormai inviluppata su se stessa.
L’incomprensibile attesa ha fatto perdere i gangheri a molti, compreso il sottoscritto, ma si faccia un attento esame di quello che la regione non ha fatto, proprio attraverso i suoi esponenti politici, da quando le è stato dato in mano il giocattolino della sanità in nome di un non ben identificato concetto di autonomia regionale.
Che nessuno se ne abbia a male, ma negare una tale evidenza significherebbe essere poco onesti.
Michelangelo Bertazzoni

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