Taglio dei vitalizi. Di Lisa: ho presentato la proposta di legge nel 2004, dopo 10 anni non è cambiato niente

Ho appreso che i consiglieri regionali pentastellati  del Molise hanno predisposto e si accingono a presentare una proposta di legge riguardante l’abolizione dei  vitalizi in godimento  dagli ex  consiglieri regionali.  Non conosco nel merito la proposta né mi interessa entrare nei dettagli della stessa che, evidentemente, per essere validamente approvata  risponde ai requisiti di legittimità costituzionale richiesta per tutte le leggi.  Nel merito mi riservo, eventualmente, di intervenire successivamente.  Mi preme invece sottolineare come sulla materia specifica e su quella più generale riguardante i privilegi ed i costi della politica il ritardo delle istituzioni è incredibile ed ha prodotto effetti devastanti.  Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, a condizione  però che gli interventi di riduzione dei costi della politica non siano come quelli del Consiglio regionale del Molise, che con la legge regionale n°10/2013 invece di ridurre ha aumentato gli emolumenti degli eletti (altro che la virtuosità della Regione Molise sbandierata dal presidente Niro), provocando l’indignazione generale e la tiepidezza degli eletti grillini che forse sentitisi scavalcati dalla proposta di legge popolare l’hanno di fatto boicottata. In questo modo non credo si renda un buon servizio e non certo si riavvicinano i cittadini alla politica.
Per quanto mi riguarda non ricorro mai alla legge del taglione e dichiaro fin da ora il mio plauso per la iniziativa ma non posso non ricordare, agli smemorati  e quei consiglieri  che quando intervengo sulla materia vengono presi dall’orticaria, che nel  lontano 2004 ho presentato la proposta di legge che prevedeva il dimezzamento delle indennità e l’abolizione del vitalizio. E forse è utile ricordare le motivazioni che adducevo nella relazione illustrativa.
Non tutti coloro che considerano chi sta in parlamento o alla regione una persona privilegiata possono essere tacciati di qualunquismo o di atteggiamento antipolitico. Analogamente non va demonizzata l’idea di chi ritiene che il politico di professione o colui che è “prestato” alla politica per anni è lontano dai problemi e dalla vita di molti suoi concittadini.
Dobbiamo cogliere l’elemento di verità che in quel giudizio è contenuto soprattutto oggi che è aperto il dibattito e lo scontro sulla necessità della riforma del sistema previdenziale, che è aperto il confronto sul declino e sull’impoverimento del Paese, che le famiglie appartenenti al ceto medio non riescono, con il reddito che percepiscono, ad arrivare a fine mese senza intaccare i loro risparmi.
Non possiamo, per giustificarci, trincerarci dietro l’alibi dei direttori generali, dei dirigenti regionali e dei manager delle ASL che guadagnerebbero più dei Consiglieri regionali. Poniamoci il problema di come rimettere in discussione anche le loro spettanze e chiediamoci se la privazione  dai nostri privilegi ci consente di fare con maggiore facilità, ed anche con maggiore serenità, scelte impopolari che pure molte volte siamo costretti a compiere.
E’ obiettivamente difficile, in una regione nella quale il 26,2% delle famiglie vive al di sotto della soglia di povertà, trovare una giustificazione alla norma che prevede che un consigliere regionale che ha svolto una legislatura  a 60 anni matura il diritto al vitalizio, che è almeno pari allo stipendio di un insegnante. Il fondo di previdenza per gli ex consiglieri regionali nel 2004 presenta un disavanzo di 2.335.000 euro. Fra 10 anni perderà quasi 5 milioni di euro all’anno. Non possiamo permetterci un lusso del genere; tra l’altro è profondamente ingiusto nei confronti degli altri cittadini.
Se non riconsideriamo radicalmente il nostro status  è impossibile scrollarci di dosso l’etichetta di “privilegiati” che non hanno l’autorevolezza ed il diritto di decidere sulle sorti di chi non riesce con il proprio salario o la propria pensione ad arrivare a fine mese, se un salario o una pensione ce l’ ha. Tantomeno siamo credibili sulla necessità di fare uno sforzo collettivo per salvare il futuro di questa Regione, se la richiesta è rivolta solo agli altri.
Sono passati dieci anni.

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