Rubrica a cura della Commissione per le parità e le pari opportunità della Regione Molise

Durante la mia esperienza da neo Vicepresidente della Commissione per la Parità e le Pari Opportunità della nostra Regione, ho avuto modo di confrontarmi direttamente con i temi a sostegno del principio della parità di genere in molte delle sue forme e attività. In questo spazio vorrei condividere alcune riflessioni su quanto, negli ultimi anni, si stia attuando a livello generale e locale e su ciò che potrebbe favorire un auspicabile cambiamento.

Fino a questo momento, nessuno Stato membro della Commissione europea ha realizzato la parità tra uomini e donne, infatti, il divario di genere persiste nel mondo sociale e del lavoro, sia a livello retributivo, assistenziale e pensionistico, come pure nelle posizioni dirigenziali e nella partecipazione alla vita politica e istituzionale.

Per tale motivo, tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile che gli Stati si sono impegnati a perseguire entro il 2030, c’è il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e della emancipazione di tutte le donne e le ragazze.

Anche in Italia, l’azione legislativa si è concentrata ultimamente sul mondo del lavoro, per riconoscere l’equiparazione dei diritti e maggiori tutele alle donne lavoratrici. Tali azioni sono tese a favorire la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, come ad esempio attraverso il bonus per servizi di babysitting e il supporto alla genitorialità.

Sono stati inoltre rafforzati gli strumenti di sostegno per la creazione e lo sviluppo di imprese a prevalente o totale partecipazione femminile.

Altri interventi hanno riguardato l’attuazione dell’art. 51 della Costituzione, sulla parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive nei diversi livelli, nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo, nonché sulla promozione della partecipazione delle donne negli organi delle società quotate.

Una maggiore attenzione è stata dedicata anche alle misure finalizzate a contrastare la violenza contro le donne, perseguendo l’obiettivo di prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime.

Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per rilanciare lo sviluppo nazionale in seguito alla pandemia, emerge la centralità delle questioni relative al superamento delle disparità di genere. La Parità di genere viene individuata come una delle tre priorità trasversali perseguite in tutte le missioni che lo compongono. L’intero Piano dovrà inoltre essere valutato in un’ottica di gender mainstreaming.

In ambito regionale, la nostra Commissione per la Parità e le Pari Opportunità ha individuato dei punti programmatici che stanno orientando le azioni da perseguire a breve, medio e lungo termine. Per consentirne il raggiungimento, sono stati predisposti dei protocolli d’intesa con alcuni Enti Territoriali finalizzati ad attivare degli interventi formativi dedicati alle pari opportunità nell’ambito delle istituzioni e delle amministrazioni locali.

Mi auguro che tali iniziative possano trovare uno spazio formativo ampio e una significativa ricaduta sociale per mezzo di percorsi che promuovano l’empowerment delle donne a qualsiasi livello. Uno dei possibili ambiti su cui soffermarsi per favorire il cambiamento è quello scolastico, sicuramente terreno fertile per consentire l’attecchimento delle politiche di genere.

In psicologia il costrutto di “empowerment” sta a significare “ il processo attraverso il quale un individuo, una comunità o un gruppo sociale è dotato di una serie di strumenti per aumentare la propria forza, migliorare le proprie capacità e aumentare il proprio potenziale, il tutto con l’obiettivo di migliorare la propria situazione sociale, politico, economico, psicologico o spirituale”. Spesso, però molte donne sperimentano vissuti di inadeguatezza e mancato raggiungimento di traguardi in differenti contesti individuali, sociali e lavorativi, perché percepiti come inaccessibili.

Ad esempio, chi di noi, specialmente se donna, non ha provato disagio nel sentirsi dire «Tanto non riuscirai», magari per una manovra di parcheggio o in una situazione di lavoro? E chi di noi, arrabbiandosi o deprimendosi, non ha finito per commettere errori o imprecisioni anche in procedure ben conosciute? Si tratta di situazioni ampiamente studiate in ambito psicologico, pensiamo ad esempio alla profezia che si autoavvera, descritta, tra gli altri, da Watzlawick et al., nel 1967.

Sia a livello interpersonale che sociale, la comunicazione ha un forte ruolo nel rinforzare la percezione di impotenza, quindi, inviare costantemente un messaggio di mancanza di capacità, produce come effetto quello di abbassare la motivazione al cambiamento.

L’impotenza così interiorizzata, pur avendo a che fare con la disponibilità di risorse individuali, attiene alla forza della costruzione sociale della debolezza, in cui il contesto ci etichetta come tali.

È dimostrato invece che le gratificazioni comunicative, piuttosto che la denigrazione, migliorino perfino le performance fisiche, immaginiamo quindi l’effetto su quelle socioculturali o scolastiche.

Quanto i contesti formativi possano cambiare tali vissuti di impotenza appresa e favorire il passaggio alla speranza appresa? Appare evidente che ancora bisogna lavorare al superamento degli stereotipi di genere che vedono le donne non adatte a certi contesti lavorativi o a ruoli apicali tipicamente maschili. A fronte del crescente numero di donne laureate e altamente specializzate, solo un numero davvero esiguo di esse raggiunge le cariche dirigenziali che meriterebbero per competenze e capacità.

Bisogna incrementare le opportunità formative dedicate alle donne, per fornire loro quegli strumenti cognitivi, come la consapevolezza e il senso di autoefficacia, prime risorse che portano al pieno sviluppo e alla realizzazione del potenziale di ciascuna donna. Parimenti, però, bisogna coinvolgere il genere maschile nel lavorare nella stessa direzione.

Promuovere l’empowerment fin dal contesto scolastico può fare la differenza. Pensiamo, a titolo di esempio, come sia necessario orientare le studentesse allo studio delle discipline relative all’ambito matematico, tecnologico e scientifico definite S.T.E.M, spesso attribuite come più adatte al genere maschile.

Accedere a percorsi formativi realizzati da professionisti come psicologi e personale specializzato, basati sull’incremento dell’empowerment così inteso in ambito scolastico, lavorativo e in contesti istituzionali, favorirebbe il superamento degli stereotipi di genere e porterebbe a sviluppare un processo di crescita e di cambiamento di cui ne beneficerebbero tutti gli attori coinvolti. Si tratta di un doppio processo, necessario e auspicabile in tutte le organizzazioni basate sulla relazionalità reciproca e impegnate a favore dello sviluppo e contro l’esclusione a livello sociale e/o politico.

LA VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE

Angela Di Burra

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