Poste: l’AD guadagna 1.200.000,00 per offendere i propri dipendenti che percepiscono 1200,00 euro e che hanno reso grande quest’Azienda.

Mentre i tavoli negoziali in Poste Italiane continuano a produrre effetti positivi sull’economia dei processi, a dimostrazione, nonostante tutto, di maturità e senso di responsabilità da parte dell’intero Movimento Sindacale, di contro, ci sono funzioni, le più alte, le più blasonate, dedite a diffondere nell’opinione pubblica convinzioni poco edificanti per l’immagine stessa di Poste. Le dichiarazioni dell’AD Caio sul tasso di assenteismo nell’Azienda da lui diretta rischiano di sollevare  un alone di sospetto e diffidenza da parte dei mercati, soprattutto alla vigilia di un delicatissimo processo di privatizzazione e quotazione in borsa. Una strategia strana, incomprensibile da parte di un manager da un 1,2 milioni di euro annui.

Li abbiamo letti e commentati quei numeri: Caio dichiara un elevato tasso di assenteismo, pari a circa il 9% della forza lavoro complessiva (13 mila assenze quotidiane), non rilevando che solo il 3,3% di quelle assenze è imputabile a malattia e che la restante consistenza di quel dato è rappresentato da assenze dal servizio tutelate dalla legge e da previsioni contrattuali, quali l’assistenza a portatori di handicap, maternità, infortuni sul lavoro, gravi patologie, aspettative per motivi di famiglia. Entrare a gamba tesa e in maniera così superficiale su un tema così delicato significa, a nostro avviso, voler preordinare in maniera strumentale le condizioni per un abbassamento di garanzie frutto di mezzo secolo di conquiste sindacali, mantenendo sotto ricatto l’intero ambiente categoriale. L’Ing. Caio farebbe bene invece a non dimenticare di aver ereditato una realtà d’impresa sana, con reddito, bilanci positivi consolidati e affidabilità sui mercati di riferimento, frutto di enormi sacrifici profusi anche da quei lavoratori da lui oggi additati; farebbe bene a spiegare le ragioni dell’impoverimento di quell’eredità in termini di bilancio, essendo un avanzo di oltre un miliardo di euro calato a poco più di duecento milioni, dopo appena un anno dall’avvento della nuova gestione; farebbe bene a spiegare su quali siano le vere, occulte strategie sul recapito, atteso che l’intero settore langue nelle secche di un’impotenza organizzativa che genera sconcerto. Sino a quando non saranno sciolti simili nodi, la popolazione postale non accetterà lezioni di morale da nessuno, avendo essa fornito prova di valore in oltre un ventennio di rivoluzione permanente, di capacità nel riordino di conti e di strutture, offerto dimostrazione di come la pubblica amministrazione possa cambiare, attestandosi su standard di efficienza organizzativa ed economica. Poste Italiane, un tempo Ministero, emblema del retaggio d’inefficienza del più fulgido periodo di vecchia repubblica, ha raccolto il guanto di sfida del cambiamento, centrandolo. 

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