Molise,tra incognite e prospettive

Riceviamo e pubblichiamo

E’ indubbio che sul piano statistico l’Italia ha ripreso a crescere, meno che nel resto d’Europa ma gli indicatori economici ed occupazionali non sono più quelli drammatici del 2009-2013. Il Nord corre; il Centro avanza, anche se è alle prese con la ricostruzione post-sisma; ed il Sud stenta a ripartire. La Questione Meridionale è stata rimossa; la forbice col Centro-Nord si è allargata, e la disuguaglianza si è accentuata. C’è una divaricazione di prospettive tra l’economia delle regioni più forti, che non per nulla chiedono allo Stato maggiori poteri e più autonomia; e le regioni meridionali che scontano tassi di disoccupazione elevati, carenze infrastrutturali ataviche, servizi pubblici inefficienti, un costo del denaro più alto, una criminalità organizzata sempre più pervasiva, e un tessuto produttivo più fragile. Il Molise su questi temi è afono; arroccato in un presente permanente e di corto respiro; allineato col Governo di Roma qualunque esso sia, e  incapace di leggere i dati macro-economici, demografici e dei nuovi flussi migratori che gli portano via con un ritmo inesorabile energie, talenti, famiglie e giovani. I rapporti della Banca d’Italia, dello Svimez, del Censis, della CGIA di Mestre e dell’ISTAT confermano sia la crescita dell’occupazione che il miglioramento delle condizioni socio-economiche della Regione rispetto al 2009-2013. Ciò che sfugge a chi decanta con troppa enfasi questi dati è che la crescita è insufficiente rispetto alle aspettative e la nuova occupazione è prevalentemente precaria e non stabile. Al di là del raddoppio del tratto ferroviario Termoli – Lesina non ci sono grandi appalti in Molise; l’edilizia soffre per la paralisi finanziaria che immobilizza le Province ed i Comuni; l’agricoltura sconta il crollo dei prezzi e la scarsa remunerazione dei prodotti; il turismo ha fatto registrare un arretramento in termini di fatturato e presenze rispetto all’anno prima; il commercio non regge la competizione con la grande distribuzione; l’artigianato perde addetti e la cooperazione trova difficoltà a consolidarsi in una regione poco incline alla mutualità e all’impresa sociale. I dati più tragici sono quelli demografici con un calo di abitanti progressivo che tocca il 90% dei comuni. Se non fosse stato per l’arrivo di 12 mila immigrati residenti il trend sarebbe stato di gran lunga più preoccupante, ma in tutti i casi i ricercatori prevedono la scomparsa del 30% di paesi dove le nascite sono rare ed i decessi sono all’ordine del giorno. Fortunatamente in questi anni sono cresciuti gli addetti alla FIAT-FCA di Termoli, è ripartito bene il Pastificio La Molisana ed ha retto la chimica e l’agroindustria, a fronte di una perdita di occupati nella pubblica amministrazione di 5 mila unità. In uno scenario simile sono pochi coloro che hanno provato a tracciare linee progettuali di medio termine e anche chi lo ha fatto bene come la CGIL col coinvolgimento di docenti universitari e studiosi, si è ritrovata in assenza di interlocutori istituzionali. Solo se si alza lo sguardo sul futuro e si evita di stiracchiare i dati macro-economici in positivo o in negativo per strumentalità contingenti, si potrà stimolare la parte più dinamica del Molise ad unire le energie in termini innovativi per riorganizzare il modello produttivo ripensandone i tratti fondamentali. Una politica ripiegata nei propri litigi quotidiani ha il dovere di alzare il livello del confronto sui grandi temi che si pongono in questa fase evitando di beccarsi come i Polli di Renzo destinati a non avere un futuro esaltante.

Michele Petraroia

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