Il vino italiano vive di persone e di artisti che amano il loro territorio

Sono passati 14 anni dal giorno della fine del mio rapporto con l’Ente Nazionale Mostra Vini – Enoteca Italiana di Siena. Quasi tre lustri nel corso dei quali l’Ente e la sua struttura hanno chiuso, proprio nel momento in cui il mondo del vino e l’insieme dell’agroalimentare italiano ne avevano più bisogno. Un rapporto che mi ha dato la possibilità di vivere un mondo, quello del vino, nel momento alto della sua rivoluzione culturale. Una vera e propria rinascita che è stata, ed è, tanta parte dell’immagine del cibo italiano che, da anni, il vino diffonde nel mondo. E non solo, con la qualità legata all’origine, ha trasformato i 526 vini Docg, Doc e Iigt, in altrettanti testimoni dei mille e mille territori, che fanno dell’Italia, ancora oggi, il “paese del vino”.

In questi non pochi anni di lontananza dalla bella realtà vitivinicola, il mio rapporto con il vino non è venuto mai meno, anzi, per alcuni aspetti, si è rafforzato grazie ai valori propri del territorio (storia, cultura, tradizione, paesaggio ambiente) che il vino, insieme con l’olio, esprime con dovizia di particolari. Si è solo ridotto il tempo degli aggiornamenti che, però, ha portato a rafforzare quello della memoria, dei ricordi belli di un’esperienza ricca di scoperte, incontri, soddisfazioni, successi.

Uno dei tanti ricordi è quello che mi è stato dato, di recente, da una lettura d Cook, l’inserto di Marzo del Corriere della Sera, che parlava di un grande vino, a me caro, il Lamole di Lamole. Una lettura che mi ha riportato indietro nel tempo, 1984, quando, nel Bastione S. Filippo, la stupenda sede dell’Enoteca di Siena, ho incontrato un personaggio del mondo della pubblicità, Pino Toscano, della P&T di Milano. Il motivo di Toscano di quell’incontro era di visitare l’Enoteca, non per discutere una campagna di promozione delle attività dell’Ente, ma per capire bene ruolo e funzioni e, così, decidere se valeva la pena presentare, per l’esposizione e le iniziative della struttura senese, due dei suoi vini: il Marsilio Ficino, un Chianti dedicato al grande filosofo-astrologo,un protagonista del Rinascimento italiano, ottenuto dalle vigne della Fattoria Poggio il Pino in Figline Valdarno, il luogo di nascita del personaggio prima citato; il Lamole di Lamole, un Chianti classico prodotto nell’azienda Pile e Lamole, dopo un recupero, insieme con una cantina storica, di pezzi di una vigna abbandonata su gradoni di argilla e galestro, che diventerà – grazie al suo nuovo proprietario – una sola vigna di 10 ettari, nota come “Campolungo”, nel territorio di Lamole, una frazione di Greve in Chianti, la sede della prima Mostra-Mercato del Chianti.

Entrambi i vini, prima citati, annata 1982, nel tempo di qualche decennio, diventati rari e, come tali, preziosi per le loro peculiarità organolettiche. Non ricordo se è di quest’annata il vino ribattezzato “Lamole di Lamole”, quello classificato da un concorso importante tra i primi cinque Chianti classico. Ricordo, però, che l’annata 1982 è stata la prima uscita del vino con il nome rafforzativo di un luogo, creato dal dr. Toscano per dare ad esso tutto il valore della qualità legata all’origine, il territorio, come a sottolineare la passione di uomo del Salento per la terra, trapiantato a Milano, innamorato di quell’angolo della Toscana, scelto con sua moglie Adelina, la padrona di una casa ospitale, quella di Poggio il Pino. Aveva voluto, rafforzando il nome del luogo di origine, trasmettere tutta la sua passione a questo suo vino ottenuto dalle uve di una vigna a gradoni, abbandonata in un angolo di quel grande cuore che è il Chianti Classico. Una visita che si è chiusa con la richiesta di una copia della domanda di adesione dei vini e la promessa dell’invio dei due vini, avvenuto il giorno dopo l’incontro, insieme con la domanda di ammissione, sottoscritta da Pino Toscano. Il sì, espresso, dopo poco tempo, dalla commissione di assaggio dell’Enoteca, ha dato il via a un rapporto proficuo per l’Enoteca, arricchita di una nuova azienda associata, e di due nuovi importanti vini. Alla comunicazione della notizia dell’avvenuta ammissione, il dr. Toscano ha risposto con un grazie e, con un biglietto a parte, l’invito a me rivolto di dedicare un sabato alla visita delle due aziende. Un invito che ho prontamente accettato. L’incontro, al mattino, nella Fattoria Poggio il Pino, con Adelina ad accogliermi nella sua bella casa, insieme con il figlio Luca, e, nel pomeriggio, la visita di Pile e Lamole, non lontana da Monte S. Michele, che, dall’alto dei suoi 800 m.s.l.m, domina la valle dell’Arno aretino, e da Panzano, l’incantevole frazione della famosa Antica macelleria Cecchini, che il mondo da tempo conosce.

Un paesaggio incantevole con al centro il “Campolungo” che degrada con le sue viti, rappresentato nel 1985 da un grande artista, Giovanni Stefani, il pittore maremmano noto come “il pittore dei fiori e degli alberi”, che un giorno avevo presentato a chi, nel tempo, diventerà, ed è, mio grande amico. Ho la fortuna di avere, in bella mostra nella Casa del Vento a Larino, una delle 120 copie riprodotte dell’opera di Stefani. Una dedica da considerare segno del grande amore per il suo Lamole di Lamole, il vino del sogno di Pino Toscano.

di Pasquale Di Lena

Commenti Facebook