“Positiva la revisione del Regolamento europeo sulle emissioni delle auto. Rappresenta un passo importante e va nella giusta direzione” l’assessore regionale Andrea Di Lucente ha così commentato la scelta di fissare al 90% la riduzione delle emissioni medie di flotta rispetto ai livelli del 2021, anziché imporre l’azzeramento totale dal 2035.
Questa non è una marcia indietro sull’elettrico, ma il riconoscimento che una “transizione forzata” rischiava di correre più veloce della capacità dell’economia reale, delle infrastrutture e dei sistemi energetici europei.
Aprire a biocarburanti avanzati, carburanti sintetici (e-fuels) certificati e a soluzioni ibride evolute significa puntare a una decarbonizzazione concreta, che riduca davvero le emissioni senza distruggere valore industriale, occupazione e competenze strategiche.
Dopo anni in cui voci autorevoli dell’industria, primo fra tutti Sergio Marchionne, hanno speso energie per metterci in guardia contro l’illusione dell’elettrico come soluzione unica, risuonano come profetiche le parole dell’allora CEO di Fiat Chysler Automobiles e successivamente Presidente e CEO di Ferrari, secondo cui l’elettrico poteva essere una parte della risposta, ma non la risposta. “Senza un mix tecnologico, senza infrastrutture adeguate e senza una produzione di energia realmente pulita – diceva – il rischio è quello di spostare le emissioni anziché ridurle, distruggendo nel frattempo un’intera filiera produttiva europea”. Ebbene, aveva ragione!
La nuova impostazione europea va quindi letta anche come una boccata d’ossigeno per migliaia di lavoratori dell’automotive e per territori che vivono una fase delicata di trasformazione. Penso allo stabilimento Stellantis di Termoli, simbolo di una grande tradizione motoristica italiana, che oggi vive il peso di incertezze e scelte strategiche che incideranno profondamente sul futuro occupazionale e produttivo del Molise. Una transizione tecnologicamente neutra e meno ideologica può offrire maggiori margini per salvaguardare lavoro, competenze e investimenti, evitando che la riconversione si traduca in desertificazione industriale.
Difendere l’ambiente non può significare sacrificare il lavoro e indebolire l’industria europea a vantaggio di produzioni extra-UE che non rispettano gli stessi standard ambientali e sociali. Ora serve coerenza affinché questa revisione diventi un’opportunità concreta anche per realtà strategiche come Termoli e per l’intero sistema industriale nitaliano ed europeo.







