#corpedelascunzultavecchia/Tartufi e quattro corsie. Tutto in Molise

Oramai è cosa certa: il tartufo raccolto in Molise rappresenta il 40% del tartufo cavato in tutta Italia. Tutto questo tartufo, poi, è destinato per l’80% all’esportazione e per il resto al consumo interno. Siamo dunque una regione ad alta densità tartufigena. Ognuno di noi ha minimo un amico che si “diletta” (virgolette dovute al fatto che ci sono cavatori veramente professionali) nel cavare tartufi.

Tutti sappiamo che in Molise, per la qualità del suo territorio e del suo terreno, potremmo correre il rischio di trovare il tartufo anche sotto la piante di nocciole nel nostro giardino condominiale. Senza andare ramenghi per i boschi, e che in Molise si cava il 40% del TARTUFO BIANCO che si cava in Italia, compresa Alba ritenuta la capitale italiana del tartufo bianco.

Detto questo dobbiamo dire adesso che i nostri boschi potrebbero rappresentare, paradossalmente,il vero anello debole della produzione di tartufo in Molise. Una raccolta scriteriata e senza rispetto fatta dai cosiddetti “zappatori” porta inevitabilmente alla distruzione della tartufaia. Gli “zappatori” sono quelli che cercano tartufo senza cane. Individuano, dalla poca erba presente sul terreno, una probabile tartufaia e ci danno di bidente, appunto ZAPPANO.

Facciamo a capirci: il tartufo è il copro fruttifero di un fungo e cresce sottoterra, per individuarlo il tartufaio ha bisogno del fiuto del cane. Il cane individua la “palletta” di tartufo ed inizia a scavare con le zampe, a quel punto interviene il tartufaio cavatore che distrae il cane e continua a scavare con un vanghetto apposito come da regolamentato. Bisogna utilizzare solo quel tipo di vanghetto per raccogliere il tartufo e non rovinare la tartufaia. Asportando il tartufo in questo modo le radici delle piante continuano ad essere micorizzate e quindi a produrre altri tartufi. Se invece di scavare con il vanghetto, per poi richiudere il buco una volta asportato il tartufo, si cercano i tartufi zappando la terra, si spezzano le radici e si interrompe per sempre il processo di micorizzazione delle radici.

E ciao ciao tartufi.
Quindi bisogna usare solo il vanghetto ed anche con molta accortezza e rispetto per la tartufaia. Questo per fare in modo che la tartufaia continui a produrre tartufi. E sarebbe bello, se non prorpio il caso, che ci fossero più controlli per fare in modo di salvaguardare la ricchezza che abbiamo e che, come al solito, non riusciamo ad apprezzare sino in fondo. La vigilanza potrebbe non essere (quasi) un problema, visto che il territorio da controllare è lo stesso che si controlla per la caccia, forse non proprio impossibile, tanto per dirne una.

In ogni caso, pur avendo la massima accortezza, la tartufaia potrebbe essere portata all’esaurimento e quindi non produrre più. Questo per il tartufo nero, che può essere “coltivato” impiantando piante micorizzate e lo scorzone. Per il tartufo bianco, quello che costa migliaia di euro al chilo, niente da fare. O cresce spontaneamente, anche ad un metro di profondità, oppure lo compri in barattolo.

Veniamo al dunque: ai nostri signori politici, e non metto le virgolette per carità cristiana, mai potrebbe venire in mente di creare una vera e propria filiera del tartufo come stanno facendo, per esempio, in Umbria. Avvalendosi della disponibilità di una banca a livello nazionale che ha creduto nella filiera, è stato realizzato un programma che riesce a seguire le “pallette” di tartufo dalla loro genesi sino al barattolo che poi finirà sulla nostra tavola.
Un plafond di dieci milioni di euro per finanziare investimenti a lungo termine anche valorizzando i giovani per il futuro ricambio generazionale a livello aziendale. Sia per la produzione che per la trasformazione e vendita.

In pratica due società: una dedita alla commercializzazione del tartufo, l’altra produttrice di piante micorizate hanno messo a disposizione il loro know how per “impiantare” un discorso di produzione di tartufi. Come dicevo prima le tartufaie spontanee (tartufo nero) prima o poi sono destinate ad esaurirsi e di conseguenza cavatori e commerciali attuali del tartufo potrebbero avere dei problemi seri. Fatto questo semplice ragionamento in Umbria si sono prefissati di mettere in condizione il produttore di tartufo di avere piante micorizzate di altissimo livello, di avere consulenza continua sull’impianto della tartufaia, assistenza sulla crescita della tartufaia e contratti per la raccolta del prodotto. Per tutto, sempre in Umbria, hanno stanziato i dieci milioni di euro di cui dicevo sopra, soldi che la banca di interesse nazionale ha attinto tale disponibilità a supporto degli investimenti legati al PNRR. Tale discorso partito dall’Umbria, è riuscito ad attivare a livello Italia 800 contratti che hanno coinvolto 20 mila fornitori per un giro di affari di 95 miliardi di euro.

Ed è proprio in questo contesto oramai elettorale, che chi vuole candidarsi prima di candidarsi, per dimostrare la propria volontà, buona fede non mi piace, potrebbe fare un discorso di avvicinamento delle industrie conserviere del tartufo, dei vivai che coltivano piante micorizzate, creare delle associazioni tra cavatori per specializzarli ancora di più. Ci sarebbe la possibilità di creare nuove tartufaie, instillare ancora di più il rispetto per le tartufaie esistenti, fare in modo che i “zappatori” escano sempre di meno a rovinare il nostro immenso patrimonio tartuficolo.

Ovviamente noi siamo molisani, noi siamo gli asceti della politica e della sopravvivenza, noi
viviamo solo di aria e non abbiamo problemi di “caionza”, come una volta veniva definita la pancia nel senso di mangiare per sopravvivere. Non abbiamo bisogno di impiantare tartufaie per (soprav)vivere noi aspettiamo il realizzarsi della quarta corsia che porterà in Molise insediamenti produttivi che ci consentiranno di rimanere in Molise e non partire per lavorare all’estero. Poco importa se la quattro corsie si farà tra venti anni, per adesso votateli, abbiate fiducia in loro che vi hanno portato a questo punto. Poi andremo avanti. “Andremo avanti” inteso loro, i politici andranno avanti, noi molto di meno. Anzi quasi per niente.

“fatti non fummo per viver come bruti” Scriveva il “divin poeta”, io ci aggiungerei: ma manche pe murirce e fame.

Con immutata stima e raddoppiato, e se non triplicato affetto: statevi arrivederci.
Franco di Biase

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