A 7 milioni di lavoratori la cassa integrazione è costata 1.234 euro

Una simulazione del centro studi della UIL, che ha analizzato i dati Inps sulle ore autorizzate di cassa integrazione salariale, viene fuori che tra riduzione dello stipendio e  mancati ratei di tredicesima e quattordicesima in due mesi le buste paga si sono alleggerite in media dal 9,6% al 39%.

Nelle tasche dei lavoratori dipendenti, posti in cassa integrazione nel 2020, mancano 8,7 miliardi di euro, al netto dell’Irpef nazionale e delle addizionali regionali e comunali.

A fronte di circa 4,3 miliardi di ore di cassa integrazione autorizzate nell’anno 2020, i 7 milioni di beneficiari hanno perso, mediamente, 1.243 euro netti pro-capite annui.

La Lombardia ha il primato della maggiore perdita delle retribuzioni nette, pari al 25,5% del totale nazionale (2,2 miliardi di euro), segue il Veneto dove i cassaintegrati perdono oltre 964 milioni di euro netti, l’Emilia Romagna (840 milioni di euro netti) e il Piemonte (745 milioni di euro netti). 

Dalla simulazione emerge che un dipendente in cassa integrazione per tre mesi a zero ore (con un reddito lordo annuo 20.980), tra riduzione dello stipendio e i mancati ratei di tredicesima e quattordicesima, perderebbe 1.611 euro netti con sei mesi di cassa integrazione, lo stesso dipendente subirebbe una riduzione pari a 3.229 euro netti annui, mentre con nove mesi di cassa integrazione la riduzione ammonterebbe a 4.898 euro netti annui; infine, con dodici mesi la riduzione sarebbe di 6.611 euro annui.

Nella riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, all’esame del Ministro del Lavoro, che si sta discutendo in questi giorni, oltre che velocizzare e semplificare le procedure, alcuni ancora aspettano la prima rata di cassa, occorre tener presente il tema della revisione dei tetti massimi del sussidio della cassa integrazione e della loro rivalutazione, oggi fissati  per Legge, a 998,18 euro lordi mensili per retribuzioni inferiori o pari a 2.159,48 e a 1.199,72 per retribuzioni superiori a 2.159,48 euro.

Oltre all’innalzamento dei massimali la rivalutazione dei sussidi dovrebbe essere ancorata agli aumenti contrattuali e non solo al tasso di inflazione annua che, come è noto, negli ultimi anni ha registrato indici molto vicini allo zero.

Alfredo Magnifico

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