Regione/ La DC vuole tornare…ma non può

La premessa è sempre la stessa: alle elezioni regionali manca ancora molto tempo e le ipotesi dette oggi forse saranno smentite domani. Siamo nel novero del ‘gossip’ e prima che si attivino i tavoli interpartitici rimaniamo nel campo del ‘si dice’, che in politica può valere molto o per nulla; purtuttavia non sono mancate le prime ipotesi di trattative e cercheremo di capire dove potrebbero portare. Tra le ‘novità’ degli ultimi mesi figura il tentativo in Molise di ricostruire un centro moderato diverso dall’attuale che sia fondato in una logica prettamente democristiana, benché questa sia oramai estinta con la fine della cosiddetta ‘balena bianca’. Sappiamo tutti delle intenzioni all’uopo tra ‘Noi di Centro’ o come si chiamerà in futuro il nuovo soggetto politico voluto da Clemente Mastella, che coinvolgerebbe nel discorso l’UDC e allargherebbe poi il campo andando oltre lo scudo crociato con l’apporto di Italia Viva. L’idea sarebbe di consolidare un centrismo casomai non rilevante dal punto di vista elettorale, ma neanche insignificante, anche se il partito renziano non sarebbe esattamente collocabile in un centro moderato come gli altri due. L’operazione, se rimarrà solo questa, non lascerà il segno ed è da ritenere che vi siano sforzi d’allargamento ulteriore pescando nelle sacche dei delusi del bipolarismo. Mancano pezzi importanti per completare il puzzle: i delusi ex-Margherita e quelli migrati in Forza Italia e ora marginalizzati dagli eventi di quel partito, mentre da Cinque Stelle, Lega e Fratelli d’Italia presumibilmente arriverà poco o nulla.

Insomma non è molto e certo non è la DC, che aveva potere, struttura organizzativa e soprattutto impostazione politica ben differente: era un partito ‘popolare ed interconfessionale’ e questo è un tentativo di riedizione che crediamo debba considerare le differenze di portata politica con chi si va a paragonare.

Perché allora questo arduo tentativo? Prima di tutto perché la politica tende a dare sempre maggiore importanza a chi ha i numeri e la concentrazione di forze nei quattro partiti maggiori (PD, Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) di fatto rischia di schiacciare tutti gli altri e anche perché gli orfani del centrismo di un tempo, pur in calo verticale, ancora fanno gola e sono l’unica fetta di elettorato ancora disponibile.

Allora cosa può succedere in Molise? E’ vero che già così l’aggregazione andrebbe ad annoverare il presidente del Consiglio regionale, Salvatore Micone e, nella logica di un allargamento ‘extra-DC’, anche la parlamentare Giuseppina Occhionero (ammesso che decidano poi per questa soluzione), ma non sarebbe abbastanza. Il discorso sarà diverso se si muoveranno anche altri, ad iniziare dall’assessore regionale Vincenzo Niro, che è generalmente più lesto di tutti a captare i movimenti nell’elettorato e ad adeguarsi. Il politico di Baranello poi, pur avendo divorziato dal partito di Clemente Mastella di cui era importante riferimento a livello regionale, avrebbe mantenuto un rapporto di stima ed anche contatti politici con il sindaco di Benevento. Al momento si vedono poche altre possibilità, dato che il crocevia politico tra Isernia e Venafro è abbastanza stabile nella logica bipolare, a Termoli niente fa pensare alla possibilità di una migrazione importante verso i nuovi centristi e a Campobasso, eccezion fatta eventualmente per Niro, gli altri ex-democristiani eccellenti (a cominciare da Cavaliere) non si sposterebbero volentieri dalla loro collocazione attuale. Non abbiamo citato il presidente della Giunta regionale, Donato Toma, perché tutte le notizie politiche recenti lo danno come ben posizionato nella sua attuale componente partitica.

Occhionero, Micone e Niro: dei tre solo la prima non è assolutamente riconducibile ad una logica ex-democristiana, ma il suo partito ha un leader che viene dal centrismo cattolico e in questa logica si potrebbe giustificare anche questo accordo. In conclusione è un progetto di nicchia possibile ma non facilmente attuabile comunque, perché anche in politica vale il detto che ‘ tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare’; e mai come questa volta il detto è pertinente.

Stefano Manocchio

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