Referendum sulla giustizia 2022/ Marone (Lega): perchè votare si

Solo un messaggio forte e chiaro da parte degli elettori può spronare il legislatore ad agire
sulla strada di una vera riforma strutturale di un sistema giustizia che da anni sta perdendo
credibilità nell’opinione pubblica, tanto che circa il 66% degli italiani, secondo le ultime
rilevazioni, non avrebbe fiducia nel suo funzionamento.
Questa la ragione principale per la scelta della strada referendaria, nella consapevolezza
che gli interventi indispensabili per riformare il sistema mai si attiveranno su iniziativa di
quegli ambienti, sia della giustizia che della politica, più reazionari e giustizialisti, dove si
sono incancrenite forme di chiusura e autoreferenzialità ostili al cambiamento.
D’altra parte, per tacitare chi critica il ricorso al referendum, pur condividendo i contenuti
dei quesiti, rispondiamo che il referendum è un fondamentale strumento di partecipazione
che, in questo caso, si occupa di una materia che interessa trasversalmente l’intera
comunità. È tuttavia incredibile che amministratori e esponenti delle Istituzioni, pur di
tacitare le ragioni del ricorso al referendum, considerino quello abrogativo (pur previsto
dalla Carta costituzionale) un istituto non più funzionante, dando per scontato o, forse,
auspicando che il quorum non si raggiunga. Si tratta, in realtà, di quella classe di politici e
amministratori pubblici che ha consentito la degenerazione del sistema, contando sulle
gogne mediatiche e sui furori giustizialisti per battere gli avversari, facendo resistenza di
fronte a riforme serie ed escludendo scientemente dall’attività amministrativa e di governo
il bene comune e la volontà degli elettori, tanto da indurre gli italiani ad allontanarsi
sempre più dalla politica attiva per la scarsa fiducia nei partiti e nel Parlamento.
Consapevoli della nostra diversità di vedute, perché continuiamo a considerare gli italiani
artefici principali del loro destino e capaci di decidere se messi in grado di conoscere i fatti,
crediamo fermamente nel referendum e nella partecipazione che, come è evidente, viene
invece ostacolata da forze politiche, mediatiche, sociali, culturali per mere ragioni di
bottega e di interesse a che il sistema rimanga uguale a se stesso.
Con buona pace degli obiettivi che anche il presidente della Repubblica, Sergio
Mattarella, aveva indicato al Parlamento dopo l’emersione del ‘caso’ Palamara con il mix
di scambi e favori che ha coinvolto la parte più politicizzata della magistratura. Si aveva la
consapevolezza della situazione e se ne parlava da anni, ma l’esplosione dello scandalo
nel 2019 e le rivelazioni che ne sono seguite hanno reso urgente e non più rinviabile una
riforma del sistema giustizia anche agli occhi di quell’opinione pubblica che le aree piddina

LEGA MOLISE PER SALVINI PREMIER
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e grillina, unitamente ad altre frange, vorrebbero tenere all’oscuro e lontana dalle urne. Se
anche gli esperti del settore considerano necessari interventi per restituire funzionalità,
credibilità e imparzialità al sistema giustizia; se i problemi della giustizia sono annosi e noti
a tutti; se il legislatore non ha avuto la forza e il coraggio di riformare in maniera incisiva il
sistema, se le timide riforme prodotte sono per lo più ininfluenti, emerge con tutta evidenza
la necessità che sia la società civile a parlare e che sia lo Stato ad ascoltare recependone
le indicazioni e superando le resistenze interne.
Al Paese serve una giustizia più giusta, imparziale e efficace, che restituisca piena e
legittima credibilità ed autorevolezza alla magistratura, che è per lo più composta da
professionisti capaci che operano con grande diligenza e riserbo.

I CINQUE SÌ

Quesito 1) Abrogazione Legge Severino
Per eliminare l’applicazione automatica della pena accessoria di incandidabilità,
ineleggibilità e decadenza per parlamentari, consiglieri e governatori regionali, sindaci e
amministratori locali dopo una sentenza di condanna non definitiva. Innumerevoli gli
esempi di persone poi giudicate innocenti in via definitiva, che hanno avuto carriera e vita
privata devastate. Sarà quindi il giudice che potrà nuovamente esercitare la sua funzione
giurisdizionale senza alcun vincolo di legge e quindi valutare se applicare la pena
accessoria sulla base del caso concreto.

Quesito 2) Abrogazione custodia cautelare
Per evitare che si possa abusare della custodia cautelare in carcere o in luogo di cura per
il solo rischio di reiterazione di alcuni reati con la possibilità di limitare la libertà di persone
innocenti, come accade in un caso su dieci. Da evidenziare che dal 1992 al 2020 le
persone indennizzate per questi abusi sono state circa 30.000, per un totale di 870 milioni
di euro. Solo lo scorso anno lo stato ha dovuto sborsare circa 37 milioni di euro.

Quesito 3) Separazione delle funzioni in magistratura
Per garantire il principio del giusto processo, della terzietà e dell’imparzialità del giudice,
per assicurare maggior equilibrio tra accusa e difesa, per consentire una maggiore
specializzazione nelle carriere dei magistrati giudicanti e dei requirenti è indispensabile
che le due funzioni siano nettamente separate.

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Quesito 4) Equa valutazione dei magistrati – Consigli Giudiziari
Per consentire a rappresentanti dell’avvocatura e dell’università di esprimersi sull’operato,
sulla competenza e sulla professionalità dei magistrati, da cui dipendono gli scatti di
carriera. Questo per evitare rischi di chiusura corporativa della magistratura, per
rafforzarne il collegamento con le istanze della società civile, per una valutazione più equa
e oggettiva.

Quesito 5) Elezioni Consiglio Superiore della Magistratura
Per superare il sistema delle correnti all’interno del CSM, garantendo in primo luogo un
sistema elettorale che metta al centro il magistrato e la sua professionalità anziché la sua
appartenenza politica e gli interessi della sua corrente, con l’obiettivo di un recupero di
autorevolezza e di legittimazione indispensabili al ruolo della magistratura. I quesiti
referendari che fanno riferimento alla magistratura puntano a premiare l’affidabilità e la
preparazione di questi professionisti e non vanno certo ‘contro’ la magistratura.

Il 12 giugno prossimo andiamo a votare Sì, altrimenti addio Giustizia!

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