Lembo: “generazione sandwich”, le donne sono la percentuale maggiore

La Consigliera di Parità della Provincia di Campobasso e Autorità per i diritti e le pari opportunità della Regione Molise Giuditta Lembo lancia un invito alle Istituzioni di fare fronte comune per promuovere e praticare su larga scala strategie di conciliazione perché le politiche di conciliazione non sono più un’opzione ma una necessità per tentare di arginare il fenomeno delle lavoratrici che si dimettono dopo la nascita di un figlio o per entrare nel mondo delle lavoro e uscire dalle categorie di inattive, disoccupate o sottoccupate. Bene l’intervento della Regione promosso dal Presidente della Regione Toma sui vaucher di conciliazione che può essere implementato con altre azioni che sono finanziabili all’interno della programmazione 2014-2020.

Ottime le nuove possibilità di lavoro agile e smatworking ormai legge. La situazione della donna oggi è quella del sandwich schiacciata tra le esigenze di figli non ancora autonomi ed indipendenti (anzi, sempre più piccoli e“bisognosi” di cure e attenzioni visto l’aumento costante dell’età in cui si ha il primo figlio), e genitori anziani che non solo non riescono più ad essere di aiuto in famiglia, ma che hanno bisogno essi stessi di cura e di attenzioni. Questo schiacciamento tra esigenze di genitori e figli è quello che ha dato il nome alla cosiddetta “generazione sandwich” in cui sono le donne la percentuale maggiore.

E’ comprensibile che, di fronte a schiere di giovani disoccupati o di anziani che non riescono ad arrivare a fine mese, sia l’attenzione dei media che del legislatore tenda a concentrarsi soprattutto su queste due categorie, ma trascurare o considerare come problematica solo accessoria il carico di lavoro familiare e di cura soprattutto femminile e la conciliazione è un grave errore. Già da alcuni anni le ricerche ci dicono che i lavoratori quarantenni-cinquantenni soprattutto le donne, sono di gran lunga quelli che mostrano i livelli di stress più elevati, legati proprio alla difficoltà di gestire responsabilità crescenti sia sul fronte professionale (con ritmi di lavoro altissimi) che quello privato. Con quello che tutto ciò comporta in termini di ripercussioni sulla salute, la stabilità familiare e altre problematiche. Insomma – prosegue la Lembo- si tratta di un fenomeno da non sottovalutare, che richiede l’attenzione e la sinergia delle Istituzioni e anche dei Sindacati per creare ambienti di lavoro e di vita più flessibili, servizi più personalizzati, un welfare strutturato in modo diverso, con un coinvolgimento maggiore anche di imprese e del terzo settore. Interventi ancora più incisivi sono improcrastinabili poichè le più «schiacciate» fra tutti sono le donne, in particolare quelle di era fra i 55 e i 65 anni, quelle che non hanno il tempo di godersi neppure un giorno di pensione perché troppo impegnate a correre da una parte all’altra della città, tra la mamma ottantenne e i figli ventenni o i nipoti.

Sono loro, in Italia, a farcire il sandwich generazionale. Una classe media schiacciata ulteriormente dalla crisi che in Italia vede invecchiare anche le persone che in ogni famiglia sono “destinate” a prendersi cura di tutti gli altri. Anche perché, con un’età media femminile al momento della nascita dei figli che ormai ha superato 31 anni e una speranza di vita che arriva a 84 anni per le donne, queste ultime hanno un prospettiva di vita che le vede crescere i nipoti da un lato e accudire i genitori dall’altro. È proprio l’Istat che racconta della presenza in Italia di un numero crescente di donne che hanno ancora almeno un genitore vivente e spesso già dei nipoti. Le “nonne sitter” spesso ancora al lavoro, nuovo pilastro dell’organizzazione familiare, si trovano oggi al centro di un sistema di relazioni e di cura. In Italia, fra l’altro sembrerebbe che la “sandwich generation” è forse più schiacciata che altrove. Rispetto alla valutazione della ripartizione delle giornate – continua Giuditta Lembo – vien fuori come il nostro paese sia quello dove la distribuzione dei carichi di lavoro e di cura è più iniqua. Risultato: la generazione tra i quarantacinque e i sessant’ anni è rimasta prigioniera. Quando ha avuto i primi figli si è ritrovata senza posto all’ asilo nido e quando quei figli sono diventati adulti, guardandosi alle spalle, ha scoperto che anche i genitori cominciavano ad aver bisogno di cure. Con il risultato che in Italia, secondo l’Istat, sono oltre 15 milioni le persone che fanno parte della cosiddetta Generazione Sandwich, ovvero 45-55enni che, oltre al proprio lavoro, devono prendersi cura dei genitori anziani (13,4 milioni gli over 65, 22 milioni nel 2050) e, allo stesso tempo, dei figli minorenni (5,2 milioni tra i 7 e i 15 anni). Un fenomeno in costante crescita che richiede un’analisi specifica e strumenti di supporto adeguati, per non incorrere in situazioni di elevato stress e ansia.

Tutto ciò in particolare per le donne sta generando stress casalingo, rinunce alla carriera lavorativa e significativa riduzione del tempo da dedicare a se stesse e alla tutela della propria salute. Genitori anziani, figli precari e nipoti. Una fase del ciclo di vita onerosa e problematica. Ora – conclude la Lembo – in un paese come l’Italia che affida alla famiglia la quota prevalente del lavoro di cura e di sostegno dei suoi membri più deboli e non autonomi, questa congiuntura potenzialmente virtuosa dal punto di vista sociale e culturale, rischia di trasformarsi in un complesso di difficoltà organizzative e relazionali che facilmente possono sfociare in situazioni di conflitto e di malessere per gli individui che se ne sobbarcano il peso all’interno della famiglia.

Peraltro, nel nostro paese co-esistenza significa spesso co-residenza multigenerazionale, dal momento che il ritardo nei processi di indipendenza dei giovani implica che oltre il 40% dei giovani tra i 25 e i 34 anni vive nella casa d’origine e che la cura degli anziani, poco affidata alle istituzioni, si svolge frequentemente in situazione di coabitazione: circa il 25% degli anziani di età compresa tra i 70-79 anni o più, vive nella stessa casa di uno dei figli, percentuale che scende al 23% considerando i soli ultra-ottantenni. Va tuttavia detto che c’è anche il risvolto della medaglia. Prendersi cura sia dei giovani che degli anziani da un lato può essere stressante, ma dall’altro anche gratificante questo è quello che emerge da autorevoli studi, ma questo accade se ciò avviene per scelta e non per costrizione!

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