Giuditta Lembo: il dramma della violenza sulle donne. 25 novembre, un agiornata sempre più dolorosa

Uno scenario drammatico quello che è emerso dalla Relazione sulla risposta giudiziaria ai femminicidi in Italia presentato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – afferma la Consigliera di Parità delle Province di Campobasso e Isernia Giuditta Lembo – Si tratta del risultato di un lavoro
durato più di due anni e che ha riguardato 211 casi di femminicidi avvenuti in Italia nel biennio 2017/2018, alla luce anche dei dati impietosi relativi all’anno 2021: 109 le donne uccise fino ad ora per mano degli uomini e molto spesso si tratta di violenze non denunciate.

Nei 211 femminicidi che si sono verificati nel biennio 2017/2018, di cui 96 nel 2017 e 115 nel 2018, le donne avevano in media 49 anni e nel 78 per cento dei casi erano di cittadinanza italiana. Sei volte su dieci sono state uccise dal proprio partner. Solo il 15 per cento aveva denunciato. Non emergono particolari differenze né a livello territoriale né rispetto alle caratteristiche di autore e vittima.

Il fenomeno assume connotazioni trasversali. In più della metà dei casi (57,4 per cento), le donne vittime di femminicidio, sono state uccise dal proprio partner (inteso come il marito, il compagno, il fidanzato, l’amante), che nel 77,9 per cento dei casi coabitava con la vittima. Il 12,7 per cento sono state uccise, invece, dall’ex partner.

Escludendo gli autori non identificati e quelli che si sono suicidati dopo aver compiuto il femminicidio, il 30,2 per cento di essi (42 su 139) è fuggito dopo aver commesso il crimine, in 3 casi hanno chiamato le forze dell’ordine subito dopo il femminicidio, pur essendo fuggiti. Il 44,6 per cento (62 su 139), invece, si è fatto trovare sul luogo
del femminicidio, e, tra questi, in 26 hanno chiamato spontaneamente le forze dell’ordine. Nell’1,4 per cento dei casi (2 su 139) l’autore si è presentato alle forze dell’ordine per costituirsi.

Il 64 per cento degli autori ha confessato. Colpisce, amaramente, il quasi irrilevante numero di pentimenti degli autori di femminicidio a fronte di un reato così grave che spesso lascia orfani i propri stessi figli. La ragione di detto comportamento può trarsi
dalle dichiarazioni rese dagli stessi imputati nel corso delle indagini e dei processi da cui emerge quasi sempre l’odio e il disprezzo nei confronti delle vittime ed una cultura radicata per cui ci sono precisi comportamenti che devono tenere le donne e quando non osservati c’è l’obbligo di correggerli con la violenza fino al limite estremo della morte.

Ma il dato culturale su cui l’intera società deve riflettere – prosegue Giuditta Lembo – è che l’uomo che esercita violenza è sempre più giovane; infatti, si va dai 18 ai 39 anni. Per quanto riguarda la diminuzione delle denunce, il 63 per cento delle donne risulta non aver riferito a nessuna persona o autorità le violenze pregresse subite dall’uomo.

Dato questo che denota la criticità della situazione, purtroppo del tutto in sintonia con le stime emerse da altre indagini sulla violenza nel suo complesso, poiché fa comprendere la grave difficoltà che le donne incontrano nel cercare aiuto e la conferma della totale solitudine e dell’isolamento in cui si trovano e la loro convinzione che nulla e nessuno le possa sostenere nell’uscita dalla violenza e di poter gestire la situazione
da sole.

Spesso sono sopraffatte anche dalla paura di subire una più grave violenza, o dal timore di non essere credute, o dal sentimento di vergogna o imbarazzo, dal senso di sfiducia nei processi in cui di frequente gli autori della violenza ricorrono alla infermità mentale come una strategia difensiva e questo determina che il femminicidio non viene collocato nella sua dimensione strutturale di un contesto socio-culturale discriminatorio, in cui la donna è disprezzata e violata nella sua dignità, ma viene relegato a conseguenza imprevedibile di una malattia che in quanto tale deresponsabilizza l’autore dello stesso.

Altra criticità importante – prosegue la Consigliera Lembo – è la diffusa tendenza ad assimilare la violenza domestica al conflitto familiare, con conseguente sottovalutazione della situazione di violenza e compromissione della possibilità che sia fatta emergere e con l’ulteriore grave effetto di determinare nei confronti della donna che subisce la violenza effetti di vittimizzazione secondaria. Ci sono però tanti uomini che vogliono bene alle donne, ma troppo pochi quelli che parlano di violenza nei confronti di queste ultime!

Non sembra una incoerenza che gran parte degli uomini che rifiutano la violenza non facciano nulla? – si chiede la Lembo – non dovrebbero contrastarla concretamente con
noi donne? A questi uomini, in occasione della giornata del 25 novembre, e non solo, rivolgo il mio invito a fare un salto in avanti, perché le possibili donne vittime potrebbero essere le loro madri, le loro sorelle, le loro figlie, amiche, colleghe, vicine di casa, alle quali è indispensabile capire che ci sono molti uomini che rispettano le donne e sono pronti a difenderle.

Così non solo la violenza domestica, uscirà dal silenzio, ma anche quella in tutti gli
ambiti della vita come le molestie sul lavoro, i cui numeri in Italia stentano a venir fuori anche perché le donne tendono anche in questi casi a non denunciare perché temono di perdere il lavoro e perché sanno che persiste un forte pregiudizio contro di loro.

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