Ue, Juncker: “Dobbiamo accettare chi fugge, regole ci sono e vanno rispettate”

Il presidente della Commissione davanti all’Europarlamento: “Non è il momento della paura, è il momento di agire insieme”. E lancia un appello agli Stati membri: “Approvino il piano di redistribuzione di 160mila rifugiati da Italia, Grecia e Ungheria da www.repubblica.it

“In Europa è arrivato il momento della sincerità e non dei discorsi vuoti. L’unione non versa in buone condizioni. Manca l’unione e manca anche l’Europa”. Parole dure e severe quelle con cui il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha aperto il suo discorso sullo stato dell’Unione davanti al Parlamento di Starasburgo. Il presidente ha richiamato tutti a un impegno comune, a rispettare le regole, che pure ci sono, ma che spesso vengono ignorate, ma soprattutto ad accogliere con umanità quanti fuggono dalla guerra e dal terrore dello Stato islamico. E annuncia un nuovo piano per la redistribuzione.
Interrotto più volte da interventi fuori microfono, il presidente della Commissione ha ribadito che questo “non è il momento degli affari correnti” ma quello in cui l’Unione dovrà affrontare “i grandi problemi aperti” dell’Unione Europea. “Siamo europei – ha detto -, siamo tutti europei”. E a chi gli obiettava di non sentirsi parte del gruppo, ha risposto: “Non siete europei? Ben detto, ma non ben fatto”. Poi ha aggiunto: “Sono alla guida di un organismo politico, sono un politico. Non un politicante. È finito il tempo del ‘business as usual’. Non è il momento dei discorsi, ma della sincerità”.

Quote obbligatorie. Il presidente della Commissione Europea, Jean Claude Juncker, ha annunciato il piano Ue di accoglienza per ulteriori 120mia rifugiati in Europa (oltre ai 40mila già previsti), da ripartirsi in quote obbligatorie tra gli Stati. E ha lanciato un appello agli Stati membri: “Chiedo che venga adottato questo meccanismo”, ha detto, un piano che riguarderà 160mila persone. “Gli europei devono prendersi carico di queste persone, abbracciali e accoglierli. Spero che tutti siano coinvolti, che non ci sia retorica e solo parole, ma che ci sia azioni”. “Mi auguro veramente -ha continuato- che lunedì prossimo i ministri degli Interni dei paesi Ue decidano senza esitazioni la ripartizione di 160 mila persone, ognuno deve fare la sua parte”. “Non parliamo di numeri, ma di esseri umani che vengono da Siria e Libia e quello che stanno passando potrebbe accadere a chi oggi vive in Ucraina: non si può fare distinzione di credo, etnia o di altro tipo”. La Commissione Ue propone, quindi, un meccanismo di redistribuzione permanente che “ci permetterà di affrontare situazioni di crisi in modo più agevole in futuro”.

Tempo dell’umanità. Parlando della crisi dell’immigrazione, Juncker ha sottolineato che i numeri  sono “spaventosi, ma questo non è il momento di avere paura, è il momento di un’azione concertata e della solidarietà”. Il presidente ha aggiunto che “è il momento in cui deve prevalere la dignità umana. Tutti noi dobbiamo ricordare che l’Europa è un continente in cui siamo stati tutti, in un qualche momento della storia, dei rifugiati”. E ha ricordato: “L’Europa non è chi si volta da un’altra parte, chi appicca il fuoco ai campi di raccolta. L’Europa sono i ragazzi di Kos che portano i panini ai siriani, chi ha applaudito il loro arrivo nella stazione di Monaco”.

Crisi senza precedenti. Nell’ultimo anno, ha precisato Juncker, è arrivato nella Ue mezzo milione di persone in massima parte proveniente da Siria, dalla dittatura eritrea e fuggiti dal terrore dello Stato islamico. Duecentomila rifugiati si sono diretti in Grecia e presto diventeranno 250 mila, 150 mila in Italia. Ma, ha precisato, anche se è vero che il numero dei rifugiati che giungono in Europa è “senza precedenti”, si tratta pur sempre “dello 0,11% della popolazione dell’Unione europea”. In Libano, ha ricordato, “rappresentano il 25% della popolazione, un Paese che ha un quinto del nostro livello di benessere”. Poi ha riconosciuto che gli sforzi fatti da Giordania, Turchia e Libano: “Questi Paesi, che accolgono oltre quattro milioni di rifugiati siriani più poveri, compiono sforzi in termini finanziari e morali che noi dovremmo rispettare e riconoscere”.

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