Varie ed eventuali/ Aggiornamenti sulla Bifernina e spunti da Facebook

Pietro Colagiovanni
In premessa, anche se non c’entra niente con il resto della rubrica, la notizia che al viadotto Petriana, quello di 232 metri che blocca la Bifernina da circa due anni, dopo una breve ripresa adesso è ritornata la normalità: non ci lavora più nessuno, non c’è un cristiano, un mezzo, non c’è alcun segno di vita.
Ovviamente del tutto, visto che si approssima anche la stagione estiva, non frega nulla a nessuno: né in primis all’Anas, ma neanche alle massime autorità regionali, alle medio- massime autorità regionali, alle minime autorità regionali e neanche alle medio massime autorità comunali e provinciali. E questo Stato vuole realizzare il Ponte sullo Stretto? Bah.. Tornando a Facebook e ai suoi spunti fenomenologi continuo la carrellata su quello che più mi ha colpito e mi ha fatto nascere qualche riflessione. Dei viaggiatori e delle stranezze o banalità ho già detto. Restano solo quelli epici, quelli che fanno viaggi che neanche Giacobbo farebbe e che vogliono farlo sapere al mondo intero. Mete epiche l’estremo nord o l’Africa. In buona
sostanza si tratta di costosi viaggi organizzati ma il postatore cerca di far capire che si tratta di un novello Amundsen, se al freddo, o un novello Livingstone se in Africa.

Le foto non sono inferiori ad una ventina al giorno, taglio minimo per una versione casareccia di Pechino Express. Per il Nord abbiamo la neve, il ghiaccio, il villaggio di Babbo Natale, l’abbraccio con il pupazzo di neve, con l’alce, la sauna immersa nella neve, la neve immersa nella sauna, il tuffo dopo la sauna, foto di renne senza Babbo Natale o renne che parlano di Babbo Natale, loro indispensabile datore di lavoro. Nessuno che poi magari posti un’aurora
boreale, quella sì una foto degna di essere pubblicata. Per l’Africa di solito si parla di un safari o di qualche viaggio organizzato da agenzie di turismo specializzate nel turismo per così dire esotico. Qui il numero difoto sale vertiginosamente e i commenti diventano estesi, lirici, poetici da Mal d’Africa, manco si trattasse di un erede di Karen Blixen. Non si tralascia nulla: il leone, il cugino del leone, lo gnu, lo struzzo e la giraffa magari tutti insieme che salutano il fotografo. Poi ci sono le foto dall’auto rinforzata per evitare eventuali intemperanze da parte degli animali infastiditi da questi strani soggetti rumorosi, rompiscatole e neanche buoni da mangiare.

Le foto dei pranzi e delle cene nel deserto, con una teiera, beduini sorridenti insieme a
cammelli sorridente. Le foto con i cammelli, sulla gobba o abbracciati, sempre sorridenti. Alcune foto sono scattate dal beduino al viaggiatore insieme al cammello sorridente. Altre sono scattate direttamente dal cammello al viaggiatore e al beduino sorridente. Qualcuno esagera. E ti propina la commovente storia della guida assegnata al suo viaggio, posta un centinaio di foto della guida, della sua famiglia ristretta, della sua famiglia allargata, della casa in cui abita guida, del cortile della casa in cui abita la guida, della guida che lo fa guidare e della guida che sorride ed in questo caso non c’è nemmeno un cammello in sottofondo. Perché uno voglia fare tutto ciò, per quale strano motivo voglia far conoscere al mondo intero la banalità di un, si
spera, appagante ma comunque comunissimo viaggio organizzato non so dirlo. Ci sarà sicuramente qualche gusto, qualche forma di soddisfazione intima, di ottenimento sociale che a me sfugge. I viaggiatori però ti fanno vedere, sia pure in modo compulsivo e spesso ossessivo, qualche posto lontano. Quelli che proprio non capisco, ma rispetto ai viaggiatori siamo cento a uno, sono i situazionisti, quelli che ti vogliono mostrare la loro routine, i quattro amici al bar che postano le foto di ogni santa volta che si ritrovano al bar.

Con i situazionisti si entra davvero nel vivo della psicanalisi e delle oscure, irriflesse pulsioni che animano l’essere umano. Ma ne parleremo la prossima volta.

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