Report, la terra di mezzo e il Molise di merda

Ci si può vergognare di appartenere ad un territorio,ad una Regione, ad un posto? Dopo la puntata di domenica sera di Report probabilmente sì. Ci si può vergognare di essere molisani. Lo scenario, nauseabondo, putrido che l’inchiesta di Iovene ha scoperchiato rende il Molise, agli occhi di un’intera nazione, un posto sordido, una Sodoma e Gomorra con la giacca buona della domenica mattina. Manca, nello schifo segnalato da Report, persino, una dimensione tragica, una dimensione pur distortamente ideale come può essere l’appartenenza mafiosa, con i suoi riti, i suoi codici di onore, i suoi giuramenti. No, la mafia al comando in Molise (perché di questo si tratta, un mischione che coinvolge tutti politici, magistrati, giornalisti professionisti e semplici cittadini) è povera, misera, non ha alcuna dimensione in qualche modo epica. Si tratta solo di gente organizzata per depredare e appropriarsi di soldi, secondo legami familistici, di affari o sessuali, a volte tutte e tre le cose insieme. Questo è quanto riporta, con puntualità e correttezza Report, questa è, per noi che viviamo qui ogni giorno, la verità.  E questo soprattutto è quello che capiranno di noi molisani il resto dell’Italia. E’ una terra di mezzo, per usare le parole di Carminati (meglio sarebbe ricondurre la citazione al suo ideatore, il Tolkien del Signore degli Anelli) ma soprattutto appare una terra di merda. Attenzione, chi scrive questa terra di mezzo la conosce bene. Se oggi vogliamo ripartire non possiamo fare la gara a chi è più puro e più santo. Chi scrive, avendo scelto in giovane età di non fuggire dalla propria terra natia, con questo sistema (che sa essere complice e a volte persino suadente) ci ha convissuto. E quindi lo conosce bene, sin troppo bene. Ma, attraverso dolorose scelte personali, qualche anno fa ha deciso di troncare i ponti con un mondo senza prospettive, senza futuro, un mondo piccolo fatto di gente meschina, disperatamente meschina. Ha avviato quindi una sua idea imprenditoriale nel posto più assurdo, forse, dove avviare un’idea imprenditoriale. Avendo poi conosciuto il buio e l’oscurità (la citazione è sempre tratta da Tolkien) le regole a questo punto dovevano essere ferree: in primis assunzione di responsabilità e comportamenti tracciabili. Tutto quello che, a qualsiasi livello, ieri sera mancava. Un giudice va a cena con gli avvocati di persone sulle quali sta indagando? E’ un galantuomo, si dice subito. E sicuramente lo sarà. Ma come diceva Paolo Borsellino i politici non solo non devono essere mafiosi ma non devono neppure apparire tali. Figuriamoci un giudice. Prendi un contributo pubblico per fare una cosa che poi per mille motivi non fai? Bene i soldi si restituiscono e poi fai tutte le cause di questo mondo. No, nel Molise di mezzo si va al Tar, si mostrano carte, fatture e tante belle cose ma i soldi comunque non tornano indietro. Ora il punto di non ritorno credo sia finalmente arrivato. Il silenzio che ha fatto seguito all’agghiacciante servizio di Report testimonia che, forse, qualcosa si è finalmente mosso. Questa gente deve andare a casa. Prima ci va, meglio è. Ma per mandarla a casa, vista anche l’insipienza degli organi di controllo, a questo punto bisogna fare un outing collettivo. Questa gente, tutta, è stata votata in modo  convinto, a volte addirittura plebiscitario, dal cittadino elettore. E allora il dubbio è un altro: che non siano solo i politici, i controllori, i professionisti ad essere marci, mafiosi o come cavolo volete chiamarli. No, il dubbio (e la mancanza di qualsiasi reazione della gente ne è la riprova) è che ad essere marcia è l’intera società molisana, un posto dove la corruzione è una metastasi sociale, una metastasi culturale. Un posto dove imbrogliano tutti e fanno a gara a chi imbroglia di più. Dal barista che non fa lo scontrino, al dipendente fancazzista, all’amministratore di condominio truffaldino, all’avvocato che spella vivo il cliente, al medico che ti prescrive le medicine per farsi una vacanza gratis. E allora non siamo più in una terra di mezzo. No, stiamo sotto la terra di mezzo, quella dove ci stanno solo i morti. (pietro colagiovanni)

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