L’analisi di Uecoop sui dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro fa emergere che in un anno si sono licenziate oltre 20mila donne, praticamente, oltre una mamma su due (53,3%) che si licenzia lo fa perché non riesce a conciliare con il proprio lavoro la cura dei figli, il tempo fuori casa e gli orari di scuole e asili nido.
Le motivazioni principali che hanno spinto oltre 20mila donne in un anno a lasciare il lavoro, sono la spesa per il nido e per la babysitter, la carenza di posti negli asili nido, la disgregazione della famiglia tradizionale e la cerchia di parenti che si restringe, l’incompatibilità degli orari e dei ritmi di lavoro con la cura della prole, a queste si aggiunge l’emergenza Covid.
La pandemia, con i ritmi della vita moderna, gli impegni sempre più pressanti, la precarietà di molte professioni, le crisi economiche e l’incertezza sul futuro, stanno mettendo a dura prova la capacità di resistenza delle famiglie che hanno, anche, il problema di trovare e pagare un posto alla scuola materna per i figli.
Oltre ai servizi tradizionali pubblici e privati, stanno crescendo offerte alternative come asili nelle aziende per i figli dei dipendenti o i mini nido con ‘tate’, che seguono piccoli gruppi di bambini in grandi appartamenti attrezzati diffusi, soprattutto, nelle grandi città e a livello regionale.
In questo scenario sempre più spesso il welfare privato integra quello pubblico grazie ad accordi aziendali nei quali ai primi 4 posti dei servizi più richiesti ci sono proprio quelli che riguardano la scuola e l’istruzione dei figli (79%), la salute (78%), l’assistenza (78%) e la previdenza (77%) secondo un’analisi di Uecoop.
Tutti servizi sono spesso realizzati grazie a cooperative in grado di offrire personale già formato e locali adatti, ma è urgente potenziare l’offerta per arrivare a un servizio alle famiglie che copra, come nella media europea, almeno il 33% dei bambini fino ai tre anni di età.
Alfredo Magnifico