Rivedere la Legge regionale sul commercio e far abrogare le liberalizzazioni del “Decreto Salva Italia”

Continuano le conferenze stampa convocate unitariamente dalle sigle sindacali, per denunciare le differenti vertenze che interessano diversi settori lavorativi e commerciali molisani. Oggi l’accento è stato posto proprio sui temi legati al commercio ed a rendere le odierne dichiarazioni pubbliche sono stati Guarracino della Uiltucs e Spina della Cgil.”Apprendiamo in queste ore che anche la gran parte della politica molisana è daccordo sulla sacralità della domenica e sulle dichiarazioni di Papa Bergoglio riguardo al lavoro domenicale.Nel nostro caso ci sentiamo di ricordare che manifestiamo tale tema ormai da tempo attraverso dichiarazioni e documenti presso le commissioni regionali preposte, contro la legge vigente sul commercio che risulta squilibrata.Una legge che non ha portato a nuove assunzioni, come si prometteva all’ora ed a nessuna ulteriore crescita economica.Le nostre previsioni sono state confermate ed abbiamo visto, ad esempio, Carrefour chiudere e piccole realtà commerciali ormai desertificate è ridotte all’osso.
La legge regionale deve essere rivista dalla politica. Ad oggi, purtroppo, manca ancora una convocazione da parte del presidente della II Commissione così da ridisegnare quella legge, ma il presidente Parpiglia ancora non ci convoca per discutere sul tema. Dunque, se da un lato il Papa ci ha illuminato, vorremmo capire dall’altro perché le stesse persone che oggi sono d’accordo ieri la hanno votata, quella legge. E soprattuto perché solo oggi hanno tutti definito la legge come inadeguata. Non vogliamo avvitarci, comunque, su sterili polemiche, ma ci piace solo ricordare che ai tempi della discussione sulla legge fummo contestati perché tacciati di esser contro le ipotetiche nuove assunzioni, mai avvenute.Ragioniamo seriamente sul commercio, non pensando soltanto alla scia Papale che ha il merito di aver svegliato alcune coscienze.Veniamo da una marcia del lavoro importantissima e che ha visto aggregare persone e rabbia. Anche da li bisogna ripartire.

Ha aggiunto Spina della Cgil: “Sul tema del commercio spero sia la volta buona che si riprenda il discorso delle aperture domenicali. Un tema ormai vecchio che risale al 1997 da quando per legge fu autorizzata l’apertura delle attività nei giorni festivi. Vogliamo rimetter mano ad una legge che non tiene conto di territorio ed economia territoriale. Una legge che ha fatto si che chiudessero le piccole attività e che mettessero in difficoltà le stesse grandi distribuzioni. La legge regionale del 2010, ultima del settore, fu votata da tutte le parti politiche ed oggi quelle stesse si manifestano come contrarie. Tutti sono presi nel dire che sono d’accordo a rivedere il sistema, dopo le parole di Bergoglio. Noi a loro chiediamo dove erano quando fu votata quella legge. Il decreto Monti, poi, attraverso le sue liberalizzazioni ha dato il colpo finale autorizzando indiscriminatamente le aperture domenicale con il risultato che i centri commerciali e le grandi società hanno cominciato a smantellare le loro attività dove non rispondessero ai piani economici centrali. Un boomerang che ha portato a riduzioni di personale in termini di orari ed unità lavorative. Visto che oggi c’è tutta questa attenzione e visto che siamo tutti d’accordo attendiamo che la legge 20 del 2010 sia ridiscussa a livello locale e che anche le leggi nazionali vengono in qualche modo rimesse al centro dell’attenzione. Al pari della discussione in loco, dunque, attendiamo che la Regione faccia in modo di attivarsi a Roma su i tavoli preposti, altrimenti senza le modifiche alle leggi nazionali a livello locale poco si può fare concretamente. Noi siamo sempre comunque pronti, forti delle15.000 firme raccolte contro le aperture domenicali al tempo, a sederci attorno ad un tavolo. La regione deve mettere in piedi un minimo di iniziative, ragionando anche sui modelli di sviluppo complessivo, sui fondi comunitari, sui contratti d’area e sulla programmazione dei fondi 2014-2020. Evitiamo di fare come con i vecchi fondi, dove 54 milioni di euro non sono stati spesi e rimandati in europa, cosa questa che ci hanno messo alla berlina a livello nazionale.
Oggi abbiamo il tempo necessario e pare anche una certa visione d’insieme unitaria. Dal commercio e dall’agroalimentare bisogna ripartire, creando filiere e condizioni di investimento favorevole. Altrimenti, stavolta, siamo fuori. Noi siamo pronti ad essere nuovamente ascoltati, da ieri”.

 

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