Novità importanti per la politica agricola, l’Europa eroga altri fondi

di Massimo Dalla Torre
Novità importanti in arrivo per la branca agricola: il Parlamento europeo ha revisionato la politica agricola comune il cui acronimo è PAC, anche perché i dossier non hanno subito alcun cambiamento rispetto a quanto adottato in precedenza in commissione, tant’è che si attende l’approvazione definitiva da parte dei vertici europei.

Il tutto in considerazione che La Pac rappresenta la voce di spesa principale del bilancio pluriennale dell’Ue, con circa il 40% di fondi complessivi che, nel quadro finanziario pluriennale, rappresenta circa 400 miliardi. La nuova politica agricola, suddivisa in pilastri prevede la possibilità, per gli Stati membri, di trasferire il 15% delle risorse dal primo pilastro – pagamenti diretti – al secondo pilastro – sviluppo rurale – percentuale che può arrivare al 25% per gli Stati membri.

Per i pagamenti diretti agli agricoltori è previsto il meccanismo di convergenza tra i livelli di aiuto, così la riduzione della differenza tra il pagamento medio ricevuto dagli agricoltori nei vecchi e nei nuovi Stati membri. Tenuto conto che nel 2020 nessun agricoltore ha ricevuto meno del 65% della media Ue.

La riforma prevede, inoltre, la possibilità, per gli Stati membri, di trasferire il 15% delle risorse dal primo pilastro – pagamenti diretti – al secondo pilastro – sviluppo rurale, percentuale che può arrivare al 25% per gli Stati membri. Per i pagamenti diretti agli agricoltori è previsto il meccanismo di convergenza tra i livelli di aiuto, così da ridurre la differenza tra il pagamento medio ricevuto dagli agricoltori nei vecchi e nei nuovi Stati membri.

Prevista anche una migliore definizione di agricoltore attivo, tant’è che gli Stati membri dovranno individuare, ”secondo criteri oggettivi”, tali categorie di agricoltori e stilare una lista di quanti, al contrario, dovranno essere automaticamente esclusi dal finanziamento comunitario. Previsti poi requisiti di sostenibilità ambientale, note come greening: per beneficiare degli aiuti diretti il 30% dei bilanci nazionali che dovrà essere destinato obbligatorie a misure quali diversificazione delle colture, conservazione dei pascoli permanenti e la creazione di ”aree di interesse ecologico”.

 Le azioni di greening, la cui messa in opera avverrà ”in modo graduale” per adeguarsi alle nuove norme, dovranno essere intraprese su almeno il 3% della superficie agricola. Restano escluse le aziende di dimensione inferiore ai 10 ettari, tutte le colture arboree (mediterranee) e i pascoli permanenti.

Non cambia il principio alla base della politica di sviluppo rurale: Stati membri e regioni continueranno ad elaborare programmi pluriennali propri sulla scorta della gamma di misure disponibili a livello Ue, secondo le esigenze delle proprie zone rurali. Finisce l’era delle quote di produzione: spariranno quelle per il latte e quelle per lo zucchero. Via pure i diritti di impianto dei vigneti, per i quali si applicherà il nuovo regime. Prevista una migliore definizione di ‘agricoltore attivo’: gli Stati membri dovranno individuare, ”secondo criteri oggettivi”, tali categorie di agricoltori e stilare una lista di quanti, al contrario, dovranno essere automaticamente esclusi dal finanziamento comunitario (occorre dimostrare che l’agricoltura contribuisce a una quota sostanziale del reddito).

Previsti poi requisiti di sostenibilità ambientale, note come ‘greening’: per beneficiare degli aiuti diretti il 30% dei bilanci nazionali dovrà essere destinato obbligatorie a misure quali diversificazione delle colture, conservazione dei pascoli permanenti e la creazione di ”aree di interesse ecologico”.

Le azioni di greening, la cui messa in opera avverrà ”in modo graduale” per adeguarsi alle nuove norme, dovranno essere intraprese su almeno il 3% della superficie agricola. Restano escluse le aziende di dimensione inferiore ai 10 ettari, tutte le colture arboree (mediterranee) e i pascoli permanenti. Non cambia il principio alla base della politica di sviluppo rurale: Stati membri e regioni continueranno ad elaborare programmi pluriennali propri sulla scorta della gamma di misure disponibili a livello Ue, secondo le esigenze delle proprie zone rurali.

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