L’intervento/L’impatto con il Covid taglia l’occupazione degli stranieri

Secondo il Rapporto della Fondazione Leone Moressa, la crisi Covid ha colpito soprattutto i lavoratori precari e stagionali (turismo, agricoltura), gli stranieri hanno subito una perdita del tasso di occupazione (-3,7 punti) molto più forte rispetto a quella degli Italiani (-0,6 punti), anche se gli stranieri producono il 9% del Pil e risultano determinanti in molti settori.

L’economia legata all’immigrazione, dopo molti anni è negativa, sono in calo i permessi di soggiorno per lavoro, mentre cresce la quota di imprenditori stranieri, poiché molti lavoratori sono stati costretti a mettersi in proprio per ragioni di necessità, per la prima volta il tasso di occupazione degli stranieri (57,3%) è inferiore a quello degli italiani (58,2%). A livello territoriale la percentuale  diminuisce nel Nord Ovest e nelle Isole, mentre nel Nord Est si è registrata la più alta diminuzione nel tasso di occupazione degli italiani (-1,3 punti).

Gli stranieri hanno risentito di più della pandemia, in quanto, le loro occupazioni non erano tutelate dal blocco licenziamenti, gli occupati italiani sono diminuiti dell’1,4%, gli stranieri del 6,4%: la concentrazione maggiore nei settori più esposti alla crisi, ristorazione e agricoltura.

Le donne hanno subito maggiormente il taglio; se i posti di lavoro persi nel 2020 sono stati 456 mila e un terzo ha riguardato lavoratori stranieri, la maggior parte erano donne, ancora meno tutelate rispetto agli uomini.

Nel 2020 gli imprenditori nati all’estero sono stati 740 mila, pari al 9,8% del totale e in aumento del 2,3% rispetto al 2019 e addirittura del 29,3% rispetto al 2011, nello stesso periodo gli imprenditori nati in Italia hanno registrato un calo dell’8,6%.

Le nazionalità di provenienza più numerose sono Cina, Romania, Marocco e Albania, la crescita più significativa è registrata tra i nati in; Bangladesh, Pakistan e Nigeria, il settore più interessato da questa crescita è stato l’edilizia, dove gli stranieri sono il 16% degli imprenditori.

Nel 2020, si è toccato il minimo storico di appena 10 mila permessi per motivi lavorativi su 106 mila ingressi, la maggior parte dei quali dovuti a ricongiungimenti familiari.

Dei cinque milioni di stranieri presenti, ogni anno, circa 100mila persone diventano cittadini italiani, negli ultimi dieci anni, sono quasi un milione gli stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana.

Il valore aggiunto prodotto dagli stranieri nel 2020, è stato di 134,4 miliardi di euro, il 9% del PIL italiano, con un’incidenza maggiore del settore agricolo (17,9%) e delle costruzioni (17,6%).

I contribuenti stranieri, in Italia, sono 2,3 milioni e nel 2020 hanno dichiarato redditi per 30,3 miliardi e versato Irpef per circa 4 miliardi, sommando le altre voci di entrata delle casse pubbliche (Irpef, Iva, imposte locali, contributi previdenziali e sociali), si ottiene un valore di 28,1 miliardi, mentre l’impatto per la spesa pubblica si aggira sui 27,5 miliardi.

Gli stranieri sono giovani e incidono poco su pensioni e sanità, le voci principali della spesa pubblica, la curva della natalità è in rapida decrescita, il saldo resta positivo, con 600 milioni.

Il saldo migratorio risulta positivo, grazie ai ricongiungimenti familiari, i livelli però sono più bassi rispetto al passato. Un fattore di cui l’economia di un Paese che invecchia, come l’Italia, dovrà tenere conto, infatti, nel 2005 l’incidenza degli stranieri sulla popolazione era del 3,8%, oggi è all’8,2% e supera la media europea che si attesta al 6,7%.

Alfredo Magnifico

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