L’intervento/Bar, pub e ristoranti non risolleveranno le sorti del Molise

Riceviamo e pubblichiamo

Non di rado, di mattina presto, mi capita di fare lo slalom tra bottiglie, lattine, cartacce, cannucce, vomito quando passo in via de’ Ferrari, via Cannavina, corso Vittorio Emanuele e ora anche in Largo San Leonardo, dove è sorto l’ennesimo locale di ristorazione. A dire il vero, la gincana ultimamente è d’obbligo anche in via Petrella dove, probabilmente perché la tassa di occupazione del suolo è ancora sospesa, alcuni bar hanno mal pensato di mettere strutture all’aperto che attirano gente, la quale, però, preferisce affollare il marciapiede con un bicchiere in mano, obbligando te, pedone, a chiedere il permesso di passare.


Forse qualcuno è a conoscenza della triste vicenda dell’Unilever di Pozzilli, come anche dei continui “stop & go” dell’ex Gam di Bojano e della Fiat e dello scempio occupazionale per eccellenza, ossia l’ex zuccherificio di Termoli: va tutto bene secondo voi? E va bene per tutte le produzioni che mancano in Molise, tanto in ambito agricolo quanto industriale?


Parliamoci chiaro: possiamo pensare di vivere solo di aperitivi e di studi legali?
Questa debolezza ci sta costando cara, e Campobasso sta portando, orgogliosa ed imperterrita, lo stendardo di un tale fallimento. E’ una città che, negli anni, ha perso i suoi punti di forza, non ha voluto valorizzare le aree circostanti a vocazione rurale, non ha inteso in alcun modo creare competenze tecniche, agricole, artigianali, artistiche che potessero costituire un volano occupazionale di tutto rispetto. E così a una certa ora della sera vedi, puntuale, il montaggio di sedie e tavoli dove di lì a poco siederanno cittadini in balia di una ingiustificata euforia.


Quando sollevi il problema con qualcuno, o fa fatica a concentrarsi su quello che stai dicendo, o si stupisce, o dimostra, senza tanti complimenti, tutto il proprio disinteresse, avendo l’ardire di cambiare argomento.


Il molisano medio potrebbe essere suddiviso in tre categorie: chi ci tiene alla propria regione e si arrovella sulle iniziative da prendere per cambiare un penosissimo status quo, cercando di non pensare al fatto di appartenere ad una piccola minoranza, chi, disperato, fa la valigia per andarsene, e chi se ne infischia altamente, pensando che l’universo si esaurisca con una pinta di birra sotto uno dei bruttissimi gazebo che costellano le nostre città, un lavoro tutto sommato dignitoso, un suv comprato a rate, un figlio che si riesce a far vestire griffato e a non far “uscire dal giro”.


Non c’è programmazione, non c’è visione a lungo termine, non ci sono sinergie: questo è il problema.
Invito chi sta leggendo a dirmi se con uno stuzzichino e un mohito possiamo evitare la dipartita della nostra regione. Con sincerità.

Gerardo Monticelli

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