Lavoratori precari, poveri e con pochi contributi

Una ricerca della Fondazione Di Vittorio riporta che Giovani, meno giovani, somministrati, a termine, parasubordinati, professionisti e collaboratori, e in tanti casi persino strutturati e stabilizzati, hanno non solo salari bassissimi, ma con l’aria che tira oggi, risulta solo un miraggio la prospettiva di una pensione e al tempo stesso sono sempre di più i casi in cui le persone restano povere e senza prospettive pur lavorando.

In Italia un lavoratore parasubordinato, ha un salario basso: 21.800 euro lordi all’anno in media, meno di un impiegato del settore privato (21.900 euro) e ancora meno della media nazionale (29.700 euro), cifre ben lontane dai salari tedeschi, che si attestano a 43.700 euro o dei francesi, che portano a casa 40.100  euro.

Esiste un esercito di lavoratori con tante storie diverse, con il problema di mettere insieme il pranzo con la cena e che vivono con un reddito inferiore ai 10mila euro all’anno gente che nonostante lavori non riesce ad allontanare lo spettro della povertà.

Dagli operatori socio sanitari che lavorano in ospedali pubblici, assunti in somministrazione, e addetta degli appalti delle mense scolastiche con un part time ciclico verticale, si respira la stessa ansia di precarietà esistenziale, difficoltà a fare progetti, a vedere la vita proiettata tranquilla nel futuro.

A queste bisogna aggiungere chi li va a sostituire, operatori alle dipendenze di agenzie di lavoro interinale che vivono sotto il ricatto perenne di un rinnovo che confermi il posto di lavoro, con la prospettiva di una retribuzione che si interrompe a agni rientro dalla malattia o nella migliore delle ipotesi ogni estate, alla chiusura dell’anno scolastico, lasciandoli a organizzare la vita, per mesi senza stipendio, cercando di capire come arrivare alla quarta o alla quinta settimana, in attesa di settembre.

Sono milioni i giovani schifati da questa situazione, che fuggono da questo Paese, alla ricerca di condizioni migliori di queste, anche se nella precarietà, non è difficile trovarle.

Se ho ripreso a lottare con il sindacato per queste categorie e perché ritengo di poter ancora incutere fiducia e gridare a tutti “non è il momento di avere paura: possiamo trasformare in meglio, tutti insieme, il modello sociale ed economico.

Dobbiamo ricordare da una parte ai padri che hanno dilapidato  conquiste messe insieme un pò alla volta e dall’altra tentare di spronare i più giovani alla ricerca di persone solidali con la loro condizione, che siano pronte a scioperare perché finisca la loro precarietà, capovolgere le ritualità fin ad oggi portate avanti su anziani-pensioni.

Il senso vero del sindacato Unitario sarebbe; “lotta-conquiste- solidarietà”. Ma questo senso quel Sindacato ancora ce l’ha???.

Alfredo Magnifico

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