L’ intervento/ Le polemiche su Cig e licenziamenti calpestano le persone

Le polemiche di questi giorni sulla Cig e il blocco dei licenziamenti mettono in luce un problema serio delle politiche attive del lavoro, la proroga della CIG e le polemiche che ne sono seguite ha confermato che anche questo governo si conferma un gigante dai piedi di argilla.

La polemica sarebbe inesistente e le argomentazioni che l’hanno fatta nascere molto deboli se vi fosse una posizione chiara sul come ci si intende muovere nel prossimo futuro.

Il tema non è se devono prevalere le posizioni dei falchi di Confindustria contro quelle del sindacato o se l’asse portante del Governo pende più da una parte o dall’altra, ciò che emerge è la totale assenza di un’elaborazione capace di tenere assieme i pezzi del problema lavoro che gli effetti della pandemia hanno determinato.

La proroga della cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti sono la coperta che serve a coprire l’assenza di iniziativa e la volontà di affrontare i problemi fatti emergere da una crisi anomala.

La principale anomalia è l’asimmetria con cui la crisi ha colpito i diversi settori dell’economia con evidenti riflessi anche sulle categorie di lavoratori coinvolti.

Le politiche attive del lavoro sono terribilmente povere di strumenti; non esistono politiche universalistiche per la disoccupazione e l’assenza di politiche attive per la ricollocazione hanno obbligato, nel primo periodo, a ricorrere alla cassa integrazione estendendo l’uso a tutte le imprese per tamponare il rischio di disoccupazione di massa.

La copertura della Cig ha lasciato scoperte le categorie deboli di lavoratori, facendo lievitare la disoccupazione nelle categorie più deboli;  giovani, donne e contratti a tempo determinato che non avevano tutele al licenziamento, alle quali si aggiunge la chiusura di molte attività di lavoro autonomo.

Il blocco del mercato del lavoro e l’assenza di servizi di ricollocazione hanno fermato la possibilità di alimentare nuova occupazione, insomma, si scopre l’acqua calda, si conferma un’evidenza nota ai mercati: il blocco o la crisi tutela i già tutelati, pagano gli ultimi e viene frenata la crescita della domanda di consumi bloccando al ribasso la dinamica dei redditi.

Con gli ultimi provvedimenti, si intravvede qualche timida misura di cambiamento; dai contratti di solidarietà per poter affrontare fasi di ristrutturazione, ai contratti di formazione che permettono di affrontare fasi di adeguamento delle competenze dei lavoratori con sgravio dei costi e ulteriori incentivi per assunzioni di giovani e donne, misure significative ma non determinano un’inversione di metodo come sarebbe richiesto per recuperare il ritardo rispetto alle norme europee,  il richiamo a una riforma degli ammortizzatori sociali da discutere entro l’estate appare un’indicazione vaga.

La crisi del lavoro ha messo in evidenza l’assenza di un sistema nazionale di garanzie e tutele per le transizioni della vita lavorativa delle persone.

Per affrontare il tema in modo organico occorre una rivoluzione culturale; accantonare l’esistente e ripartire, mettendo al centro il lavoratore con i suoi desideri e i suoi bisogni, e disegnare un nuovo sistema di tutele per garantire i necessari servizi di sostegno nelle fasi critiche della vita lavorativa.

Le politiche attive vanno ridisegnate, ripartendo da tutto ciò che serve; orientamento, formazione, ecc. per dare “più occupabilità” alla persona e rispondere alla domanda di competenze che viene dalle imprese.

Se si vogliono fare fatti e non chiacchiere da mercato occorre, per l’inserimento nel mercato del lavoro, favorire le categorie penalizzate dal mercato come giovani e donne  varando decontribuzioni o contratti più favorevoli mentre per affrontare le crisi aziendali occorre distinguere fra quelle che sono definitive per l’azienda, predisponendo piani di ricollocazione per i lavoratori, e quelle di transizione cui possono servire piani di adeguamento delle competenze per le maestranze.

I servizi al lavoro pubblici o privati che assicurano e garantiscono le tutele previste per tutti i lavoratori coinvolti diventano i punti di riferimento le polemiche di questi giorni sul blocco dei licenziamenti, cig,formazione, mettono al centro gli strumenti esistenti invece della persona. Si privilegia il dibattito su cosa salvare, cosa dobbiamo portarci dietro invece di affrontare globalmente il problema e cercare con coraggio di ridisegnare completamente il sistema di tutele dei lavoratori durante le fasi di difficoltà dell’economia.

Senza il coraggio di immaginare riforme profonde si continuerà a rimanere incastrati in un dibattito rivolto al passato invece che al futuro , per cui nell’ambito delle riforme sul lavoro, da fare con il Pnrr ci si dovrà orientare alla costruzione di un nuovo sistema di tutele per i lavoratori da cui partire per affrontare il tema del nuovo welfare.

Alla Sinistra, ammesso che ancora esista consiglio di dire qualcosa di sinistra, partendo dal fatto che “il sussidio o il reddito di cittadinanza dev’essere un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze, il vero obiettivo è consentire una vita degna, come prevede la costituzione, con  il lavoro.

I sistemi di produzione possono anche modificarsi ma la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno e poter camminare con la schiena dritta e il volto orgoglioso per il ruolo che si svolge nella società.

Alfredo Magnifico

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