In Italia cresce la povertà

In Italia secondo la Caritas la povertà diventa un quadro sempre più drammatico, il dato emerge dal Report statistico nazionale 2025 sulla povertà in Italia, frutto di un lavoro di raccolta e di analisi dei dati provenienti da 3.341 Centri di ascolto e servizi, le antenne territoriali delle Caritas diocesane, dislocati in 204 diocesi italiane, i numeri appartengono solo ai servizi informatizzati, circa la metà delle strutture, i numeri reali sono molto più alti.

I poveri aiutati dalle Caritas diocesane sono aumentati del 62% in 10 anni e la situazione peggiora per una quota sempre più consistente di persone, famiglie con figli e pensionati, per le quali trovare una casa o curarsi è un lusso.

Nel 2024 la rete Caritas ha erogato oltre 5 milioni di prestazioni con una media di circa 18 interventi per assistito, in aumento rispetto ai 13 dell’anno precedente. Nella Ue oltre un cittadino su cinque – oltre 93 milioni di individui- vive infatti in una condizione di rischio povertà o esclusione sociale.

L’Italia è il settimo Paese per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale (al 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023), un residente su dieci si trova in condizione di povertà assoluta, secondo i dati Istat, ovvero 5 milioni e 694 mila persone.

In tutto 2 milioni e 217 mila famiglie non dispongono delle risorse necessarie per una vita dignitosa, che comprende un’alimentazione adeguata, abbigliamento e una abitazione.

Aumento l’occupazione, ma, si diffonde il lavoro povero e il 21% dei lavoratori ha un reddito troppo basso per vivere in modo adeguato per effetto del “caro vita” che sta erodendo il potere di acquisto delle famiglie.

La Caritas rappresenta il presidio fondamentale di solidarietà, il numero degli assistiti registrati è aumentato del 3% rispetto al 2023, ma rispetto al 2014 il dato, appare “decisamente allarmante” con un incremento del 62,6%.

Aumentano i casi di cronicità: oltre un assistito su quattro (26,7%) vive in una condizione di disagio stabile e prolungato, la povertà diventa più intensa: il numero medio di incontri annui per persona è raddoppiato rispetto al 2012 (da 4 a 8).

L’età media delle persone accolte e sostenute è oggi di 47,8 anni e cresce la presenza degli anziani: se nel 2015 gli over 65 erano solo il 7,7%, oggi sono il doppio.

Restano “strutturali” le difficoltà delle famiglie con figli, che costituiscono il 63,4% degli assistiti.

Il 47,9% di chi chiede aiuto è disoccupato, il 23,5% ha un lavoro che non li protegge dall’indigenza,  nella fascia 35-54 anni la percentuale dei working poor supera addirittura il 30%, il 56,4% delle persone seguite vive almeno due forme di fragilità, il 30% ne sperimenta diverse ; la questione della casa e la povertà sanitaria, il 5,6% degli italiani vive in grave deprivazione abitativa e il 5,1% non riesce a gestire affitto e bollette.

Una su cinque vive una grave esclusione abitativa (homeless, ospiti nei dormitori, in condizioni abitative insicure o inadeguate), una su dieci presenta difficoltà rispetto al pagamento di bollette o affitti.

Circa 6 milioni di italiani (il 9,9% della popolazione) hanno rinunciato a prestazioni sanitarie essenziali per costi o attese eccessive, il 15,7% manifesta vulnerabilità sanitarie, spesso legate a patologie gravi e alla mancanza di risposte da parte del sistema pubblico.

Molti di loro chiedono farmaci, visite mediche o sussidi per prestazioni sanitarie; altri invece non formulano richieste specifiche, lasciando presumere che il fenomeno delle rinunce sia ampiamente sottostimato, soprattutto tra i più marginalizzati. La povertà sanitaria si intreccia quasi sempre con altre forme di bisogno (nel 58,5% se ne cumulano 3 o più) in un circolo vizioso: casa, reddito, salute, istruzione e relazioni si condizionano a vicenda, rendendo difficile ogni percorso di uscita. Il profilo di chi ha bisogno si è dunque profondamente trasformato, riflettendo una povertà sempre più trasversale, complessa e spesso non intercettata o adeguatamente supportata dal welfare.

Cala il numero di beneficiari delle misure di sostegno al reddito. I percettori di Assegno di Inclusione (Adi) sono l’11,5% del totale, quelli del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL) solo l’1,3%, la quota di beneficiari dell’Assegno Unico Universale sfiora complessivamente il 40% tra le persone con figli senza particolari differenze tra italiani e stranieri.

In gioco c’è la vita di chi resta ai margini ed è spesso invisibile, in una realtà segnata da contraddizioni e fragilità, occorre prendersi cura, favorire processi che non si fermino all’emergenza, ma aprano strade di cambiamento possibile. questa è la responsabilità di chi governa.

Alfredo Magnifico

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