L’intervento/ Serve abolire per allontanare quello che ci ha condizionato la vita?

di Massimo Dalla Torre

Nel paese delle mille contraddizioni, dove si pensa a strillare all’indirizzo dei palazzi del potere sia nazionali che locali, l’unico pensiero è lo spostamento della chiusura dei locali dalle 22 alle 23 cosa che evidenzia che viviamo in una realtà dove i controsensi dominano incontrastati. Richiesta motivata dalla necessità di ripresa, più che giusta, che, da quando è iniziata la pandemia, è stato come un chiodo fisso nella mente di chi guarda al guadagno, il che è lecito, e non pensa che è divenuto schiavo delle frivolezze e dello stereotipismo ma soprattutto non sa o lo vuole ignorare che il covid19 è estremamente pericolo.

22, 23, 24 sono solo numeri sul quadrante dell’orologio che domina lo scenario del quotidiano. Numeri che, non hanno alcun significato nei confronti della vita umana molto più preziosa di un allungamento orario. È mai possibile che si punti il dito accusatorio verso chi cerca di porre ripari a quanto sta accadendo da oltre un anno?

E’ mai possibile che nell’italietta dei partiti del 2% che creano tensioni tra i governanti e non solo si sposino le tesi del fancazzismo, scusate la parola forte, in cui domina ancora di più lo scompiglio specialmente tra la popolazione più giovane che, non sa rinunciare alle frivolezze, dominate dal selfie, dall’apricena, dallo spritz e quanto altro appartiene alla categoria dell’inutile specialmente in questi momenti così delicati in cui la scala cromatica passa dal bianco al rosso e condiziona la vita di ognuno.

22,23,24 fino alla abolizione di un divieto, se così lo si può classificare e purtroppo, lo dobbiamo ammettere, siamo un popolo di bislacchi e insoddisfatti, dediti unicamente a trasgredire per poi pagare le conseguenze in termini di contagi, ricoveri e decessi.

Tre parole che sono entrate prepotentemente nel modo di vivere che, invece devono far pensare seriamente che un’ora in più non mette al riparo da quello che è deflagrato come un ordigno che ha caratterizzato in negativo sotto tutti i punti di vista il 2020, 2021 e forse anche il prosieguo.

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