L’intervento/ Lavoro per giovani molisani = Utopia

di Massimo Dalla Torre

Abbiamo voluto titolare questo intervento mattutino riportando una scritta che c’è capitata di leggere su di un muro di una costruzione posta alla periferia di Campobasso. Una frase che drammaticamente ci porta a riflettere sulla situazione occupazionale che riguarda la nuova generazione Molisana.

La quale, dopo il periodo roseo, si fa per dire roseo, della scuola se non si iscrivono all’università, altra fabbrica di illusioni, visto che annualmente sforna centinaia di “illusi”, si trovano dinanzi ad un bivio: o passeggiare lungo corso Vittorio Emanuele e misurare la pavimentazione rivestita con i lastroni di pietra; o salire le scale dei “potenti di turno”, visto che le elezioni amministrative ed europee sono prossime; anche se le promesse di occupazione fatte in campagna elettorale si sa che sono come quelle dei marinai: cioè vane. Promesse che cozzano pesantemente con la scritta muraria da cui traspare tutta l’amarezza di chi la scritta.

Una scritta che evidenzia come le speranze dei molisani e in particolare quelle dei giovani, almeno che non appartengano alla categoria “degli amici, degli amici, degli amici”, sono perse. Speranze che, nonostante si stia cercando di dare una svolta alla situazione di stallo, lasciano spazio unicamente alla delusione e all’amarezza. Due sostantivi che, nell’accezione più pura del loro significato grammaticale e letterale, confermano, qualora ve ne fosse bisogno, che il detto “chi di speranza vive, disperato muore” è quanto mai attuale. Speranze che, attraverso il muto ma incisivo appello consegnato alla freddezza di un muro evidenzia come “il sazio non crede a chi è a digiuno” – ricorriamo ancora una volta alla saggezza dei detti popolari.

Credeteci, leggere scritte simili fa male, al morale, all’orgoglio, al modo di essere molisani. Non è giusto che il Molise, in cui potrebbero nascere iniziative imprenditoriali rette da giovani, favorite soprattutto dalle dimensioni del territorio, è ancora dominata da una mentalità di stampo “giurassico” improntata unicamente al protezionismo. Una realtà dove le nuove generazioni, se non quelle “unte dal Signore”, credeteci ve ne sono e aumentano a vista d’occhio, possano esprimere appieno le proprie potenzialità. Le quali, costruttivamente, favorirebbero la ripresa di una regione che scivola sempre più in basso. Non criticate questo nostro pessimismo, ma i contenuti della scritta pesano come macigni che difficilmente potranno essere rimossi, perché non vi è nessuna volontà di rimozione.

Macigni che rammentano le “pietre runiche” su cui sono impressi segni incomprensibili e intraducibili, almeno da noi profani. Monoliti appartenenti a una cultura distante dalla nostra migliaia di anni che suscitano enigmi a chiunque si soffermi a pensare il perché sono lì; consapevoli che difficilmente si avranno risposte perché non ve ne sono. Le quali, nel nostro “piccolo mondo”, che Antonio Fogazzaro non avrebbe esitato a definire “preistorico” e non antico come il titolo del suo capolavoro, sono reali.

Un mondo dove vige la logica “dell’orto” che inesorabilmente annienta l’identità dei molisani. Una regione dove le opportunità lavorative potrebbero prendere corpo sbugiardando i contenuti della scritta con cui abbiamo titolato questi pensieri, forse, senza senso.

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