L’alternanza scuola/lavoro tra polemiche e nuove pratiche in ambito artistico-culturale

“Sfruttamento per noi alunni e costo zero per le aziende”. Questa è la percezione degli studenti a proposito dell’alternanza scuola/lavoro: la disposizione introdotta due anni fa dalla legge di riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione rivolta a tutti gli alunni del triennio delle scuole secondarie di secondo grado.

La ratio alla base di tale obbligo legislativo consiste in realtà nel voler offrire un bagaglio formativo completo fatto di conoscenze manuali ed operative oltre che teoriche. Spesso, però, i ragazzi, e da qui gli scioperi e le proteste, lamentano situazioni di sfruttamento anziché apprendimento. Ma non mancano le eccezioni. 

Esperienza positiva e di qualità quella degli alunni del liceo artistico “Manzù” e del Convitto “Mario Pagano” di Campobasso che venerdì e sabato, 24 e 25 novembre, si sono confrontati con studenti di altre scuole italiane all’Expo della cultura a Foligno. Qui hanno mostrato il loro progetto “Dall’invisibile al visibile”, lo strumento multimediale ubicato a Palazzo Pistilli , la web app e 20 slides  per raccontare il lavoro svolto  nell’obiettivo di salvaguardare e mettere in luce un patrimonio culturale presente sul territorio molisano e non a tutti noto. 

L’iniziativa del Centro Studi Città di Foligno, in collaborazione con la LUISS e la Confindustria, in due giornate fra stand espositivi, workshop e focus tematici ha voluto puntare l’attenzione sull’opportunità di sfruttare l’arte e la cultura, orgoglio italiano, per orientare le nuove generazioni verso le professioni digitali. Un tema di grande attualità alla vigilia del 2018, anno europeo del patrimonio culturale, in cui l’alternanza scuola/lavoro potrebbe rappresentare per gli studenti l’occasione per portare in Europa la nostra arte attraverso contenuti digitali. Lo sviluppo dell’economia del ventunesimo secolo richiede la formazione di nuovi professionisti del digitale e la scuola non può sottrarsi a questo impegno. Dunque ben vengano esempi di “Buona Scuola” come quelli dei due licei di Campobasso.

Rossella Salvatorelli

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