Dalla fiction alla scuola. Il giudice Di Bella in video/chat al liceo “Romita”

“Sapete che cosa si intende col termine legalità”?  Il magistrato del Tribunale di Campobasso, Roberta D’Onofrio, invitata al liceo “Romita”, ha fornito agli studenti  alcune nozioni elementari dettate dalla Costituzione.

“Ebbene – ha chiarito il giudice – la legalità non si identifica nel mero rispetto della legge. Ma significa compiere quotidianamente delle scelte di vita seguendo i valori fondanti del nostro ordinamento. Dunque rispetto dell’altro, solidarietà, uguaglianza….”.  

Su queste premesse i liceali si stanno preparando per la ricorrenza della Giornata della Legalità, in calendario il 23 maggio. Il progetto prevede che ogni classe individuerà una personalità di spicco nel contrasto alla criminalità organizzata e, mediante fotografie, scritti o filmati, rappresenterà il personaggio e l’attività svolta in nome della legalità. Tra le figure prescelte ci sarà anche il magistrato Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei minori di Reggio Calabria, protagonista di una coraggiosa battaglia culturale.

Dopo aver visto sotto processo minorenni che spacciavano, chiedevano il pizzo o addirittura uccidevano per conto di genitori  criminali, ha deciso di interrompere questa catena di illegalità che passa di padre in figlio. Si tratta del giudice che ha ispirato la fiction andata in onda nel gennaio scorso su Rai 1, “Liberi di scegliere”.

Lo stesso, ieri mattina, 26 marzo, subito dopo la lezione introduttiva della dottoressa D’Onofrio, attraverso una video chat, ha interagito con gli studenti del “Romita” per riportare la sua esperienza. “Dal 1993, da giudice minorile – ha confermato Di Bella – mi sono occupato, in sede processuale, dei figli di potenti famiglie malavitose, addestrati al crimine. Da qui l’idea di allontanare i minori dall’ambiente familiare.

Con l’aiuto di assistenti sociali e psicologi, i ragazzi vengono accompagnati in un percorso di conoscenza dei valori solidi. Ad esempio la libertà. Quella che si contrappone al carcere, ma anche più semplicemente quella di poter scegliere una fidanzata, piuttosto che farsela imporre dai genitori. Insomma offrire una realtà diversa alle nuove generazioni.

E per me – ha proseguito il magistrato –  è una gran soddisfazione ricevere, oggi, lettere di uomini di primo piano della ‘ndrangheta che mi ringraziano per aver sottratto i propri figli dal giro della criminalità e che rimpiangono di non aver avuto la stessa possibilità. Oppure ascoltare le mogli dei boss, con una vita segnata, difficile, che vogliono ricongiungersi con i figli, fuggire dalla Calabria, dissociarsi dalle logiche malavitose.

Adesso le scuole, le università, le associazioni si fanno avanti per accogliere questi ragazzi. Quindi – ha concluso Di Bella – si è dato l’avvio ad un ciclo virtuoso. Grazie alla scuola, primo momento formativo, se gli adolescenti hanno modo di acquisire gli strumenti culturali e sociali per distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto”.

Rossella Salvatorelli

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