Campobasso/ Qualità della vita, c’è tanto da lavorare

Il tema della qualità della vita a Campobasso, dopo la pubblicazione dell’annuale classifica nazionale a cura del quotidiano economico ‘Il Sole24ore’, continua a far discutere non solo per il risultato, quanto per il raffronto con analoghi studi degli ultimi trent’anni (non a caso è passata dal 33° posto al 54°, perdendo 21 posizioni ) che testimoniano un calo di non trascurabili dimensioni proprio nella vivibilità cittadina. Campobasso, come detto, rientra nel limite della metà classifica, esattamente al 54° su 107 comuni capoluogo; entrando nelle arie tematiche principali, la maggiore città molisana è decisamente mal posizionata in ‘affari e lavoro’ (85°), ‘ ambiente e servizi 72°’, ‘ricchezza e consumi’ (62°), mentre rientra nella prima metà classifica per ‘cultura e tempo libero’ (47°) e registra buone performances in ‘giustizia e sicurezza’ (9°) e ‘demografia e società’ (16°).

Ora siamo in possesso anche di tutte le sottovoci che hanno concorso al risultato finale: ci sono conferme, ma non mancano risultati in un certo senso inaspettati, sia in positivo che in negativo. Iniziamo: il capoluogo molisano è tra quelli con il reddito medio da pensione per i cittadini tra i più bassi in Italia (addirittura 105° posto per meno di 800 euro di media nelle pensioni pro capite), ma registra una performance notevole negli spazi abitativi medi per abitante, che la colloca al quindicesimo posto in Italia, pur con un reddito non esaltante ( meno di 16.000 euro l’anno) ma con un differenziale nel Pil tra i migliori nel Paese. E ancora: 2092 euro di protesti medi per abitante e poche fatture commerciali pagate oltre i 30 giorni ai fornitori. E’ bassa la percentuale di popolazione con crediti attivi, ma sono tutto sommato contenuti i canoni medi di locazione. Il 24% dei giovani rientra tra i cosiddetti Neet, che non studiano né lavorano, ma il 62% della popolazione possiede almeno il diploma; in compenso è bassissimo il tasso di motorizzazione, al 94° posto in Italia. I risultati migliori, come visto, vengono dalle elaborazioni dei dati sui reati, che per fortuna sono bassi rispetto al dato medio nazionale. Bassa incidenza del riciclaggio di denaro, basso il numero di denunce per violenza sessuale e pochi in percentuale i furti in esercizi commerciali, poche vittime e feriti negli incidenti stradali in percentuale e un sostanziale basso indice di criminalità, eccezion fatta per le estorsioni, che collocano Campobasso in una posizione scomoda. Addirittura i migliori in Italia per l’indice di rotazione delle cause, cioè i procedimenti definiti in rapporto ai nuovi iscritti.

I parametri imprenditoriali non sono buoni, con l’unica eccezione delle start up (16° posto in Italia): troppe cessazioni d’imprese, poche nuovi iscrizioni e pochissime imprese straniere. Male il tasso di occupazione e alto il gap lavorativo tra maschi e femmine: peggio di così non si può. Buoni i dati demografici, aiutati dalla scarsa densità abitativa; ma quello che preoccupa è il basso tasso di natalità, le poche iscrizioni anagrafiche e di contro l’alto consumo di farmaci antidepressivi e per asmatici. In compenso ci sono molti medici rispetto alla popolazione (terzo miglior dato in Italia). Infine la cultura e il tempo libero: tra le più basse in Italia la spesa pro-capite per spettacoli, basso l’indice di lettura dei quotidiani, buono il numero di bar per abitanti e discreto anche quello di cinema, mentre con le palestre ancora non ci siamo. Offerta culturale bassissima ma, a sorpresa, molto alto il numero di biblioteche in rapporto alla popolazione e buono anche il numero di ristoranti, mentre l’internet veloce è ancora scarsamente diffuso.

Dopo questa scorpacciata di cifre la chiosa che è quella dei precedenti articoli: Campobasso è una città tranquilla dove è possibile vivere bene la vecchiaia ma , pur con qualche numero a sorpresa sicuramente piacevole, registra un trend economico ed occupazionale fortemente calante, che non fa presagire nulla di buono per l’immediato futuro, a meno di una scossa collettiva e di un recupero d’impegno della politica. E’ tutto.

Stefano Manocchio

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