“Veni, vidi, selfie”

Le rovine del tempio di Giulio Cesare attirano turisti da tutto il mondo, che omaggiano il grande dittatore con fiori, biglietti e monetine.

Che indossino toga e calzari o siano “armati” di reflex e smartphone, centinaia di turisti si ritrovano lì, nel luogo dove si pensa che Giulio Cesare sia stato cremato e inumato dopo il bagno di sangue delle Idi di Marzo, per pagare le “imposte retroattive” del suo regno, tributandogli mazzi di fiori freschi, biglietti e monete. Un rito collettivo alimentato dal fascino unico di Roma, la Città eterna ricca di anfratti magici e nascosti non necessariamente consegnati dalla storia, ma che di fatto ha reso quel luogo un monumento a tutti gli effetti.

Il culto laico dell’autore del De bello Gallico pugnalato da Bruto è confermato da ben due direzioni del parco archeologico, testimoni ultratrentennali del massiccio afflusso di visitatori e dell’offertorio quotidiano a quel mucchio di pietre erose dai flash. Ma sulle tracce delle rovine del tempio di Giulio Cesare 2.0, molti turisti perdono il lume della storia, convinti di trovarsi nel luogo dove avvenne la congiura dei cesaricidi, magistralmente riprodotta dal Camuccini, in quelle fatali Idi del 44 a.C.

In realtà, l’assassinio di Giulio Cesare avvenne nell’attuale zona recintata di largo Torre Argentina (Area Sacra), dove il suo mito non svanisce ma si arricchisce di risvolti spettacolari, come la ricostruzione in costume di tutte le fasi del “brutale” omicidio inscenata l’ultimo 15 marzo da un gruppo di appassionati di storia romana, con la supervisione della Sovrintendenza Capitolina dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

C’è dunque un equivoco alla base del pathos che aleggia sul Foro Romano e, specialmente, nell’ormai famosa nicchia funeraria. Ma l’ipnosi collettiva continua e il variegato tappeto di monetine si stende a onorare il grande dittatore, morto da millenni ma riesumato da nuovi “legionari”. (Gianluca Venditti)

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