di Massimo Dalla Torre
Un tempo l’Italia era la patria della cucina, tant’è che quando si parlava del nostro Paese specialmente gli stranieri esclamavano: Italia, sole, pizza, amore cucina e musica. Oggi, causa la pandemia e la crisi del mercato, quello che arriva sulle tavole è certamente mistificato, non genuino, alterato. Prodotti non prodotti: formaggio senza latte, vino senza uva, cioccolato senza cacao, carne gonfiata con anabolizzanti e miele contaminato dal polline “biotecnologico” prodotti che non hanno nessuna indicazione in etichetta.
Alimenti e bevande ammessi dall’Unione Europea e in commercio anche in Italia che, nonostante le proteste dei produttori, non si possono opporre alle regole internazionali. Questo è quanto denunciano le associazioni di categoria che ribadiscono con forza che “dall’Unione Europea è venuto negli anni si il via libera alle novità nel piatto che però hanno un connotato ben preciso: alchimie negli ingredienti che snaturano gli alimenti più comuni ecco il perché dell’appiattimento verso il basso delle normative per dare spazio a quei Paesi che non possono contare su una vera agricoltura e puntano su trucchi, espedienti e artifici della trasformazione industriale per poter essere presenti sul mercato del cibo.
Questione che vede utilizzare la polvere di caseina e caseinati al posto del latte nei formaggi fusi, aumentare la gradazione del vino attraverso l’aggiunta di zucchero nei Paesi dell’Europa settentrionale o l’utilizzo di polveri miracolose contenute in wine-kit che, permette con l’aggiunta di acqua, l’etichettatura di bottiglie in pochissimo tempo che diversamente dovrebbero riposare anni prima di essere stappate e di conseguenza bevute.
Dichiarazioni che evidenziano una situazione alquanto preoccupante perché quello che un tempo era genuino e frutto di lavoro specialmente da parte di agricoltori, pastori, viticoltori, oggi è figlio degenere del consumismo che pur di ottenere facile guadagno condanna inesorabilmente tutto quello che coloriva e non colora più le tavole che spersonalizzandosi non offrono più il piacere di stare insieme.
Fortunatamente il Molise resiste a quello che è un vero e proprio “tsunami” che snatura a tutto tondo non solo i prodotti ma l’attendibilità degli stessi che, nella ventesima regione dello stivale è arginata grazie al lavoro di chi crede ancora nell’agricoltura e nell’allevamento il cui connotato è la tradizione di cui si è persa la connotazione e il significato vero e proprio.