Il film della settimana/ “Un uomo tranquillo” di Hans Petter Molland (Usa)

Pietro Colagiovanni*

E’ il rifacimento, in chiave americana e con qualche variante, del film “In ordine di sparizione” grande successo del cinema norvegese del 2014 diretto sempre da Hans Petter Molland, regista norvegese. E’ la storia della vendetta di un padre di famiglia Nelson (interpretato da Liam Neeson), un operatore del servizio neve in uno sperduto paesino di montagna del Colorado al quale viene ammazzato il figlio da una banda di narcotrafficanti. All’inizio l’uomo, non sapendo il perché sta per suicidarsi.

Poi l’amico del figlio, Dante che è riuscito a sfuggire agli assassini, gli narra la verità. Gli confessa che era stato lui ad aver trafugato, nell’aereoporto in cui entrambi lavoravano un chilo di cocaina ai narcotrafficanti. La banda, guidata da uno spietato boss Trevor Calcote detto il Vichingo, non sapendo chi avesse rubato la droga decide di ammazzarli entrambi. Kyle, il figlio di Nelson, era però all’oscuro di tutto. Da qui Nelson decide, implacabile, di vendicarsi. Inizia una sequenza infinita di morti, con complicazioni ed ulteriori spargimenti di sangue. Viene infatti coinvolta una banda di trafficanti nativi americani, sospettata dal Vichingo di essere lei la vera responsabile delle sparizioni dei suoi uomini. Non facciamo spoiler ma basti dire che i morti in questo action movie intriso di humor nero i defunti sono oltre trenta.

L’originale di Molland era pervaso da una vena di dark comedy in salsa celtico-gotica, profonda e lunare come la lunga notte norvegese che la riedizione a stelle e strisce non ghermisce appieno. Il film è certamente la storia di una vendetta ma ne è anche una sua grandguignolesca parodia. Il cognome di Nelson è Cockman (essenzialmente uomoc…o) e Liam Neeson interpreta, in buona sostanza, un uomo duro come una roccia, implacabile, un uomo, verrebbe da dire, che non deve chiedere mai. Tutti i protagonisti hanno dei soprannomi, riportati nei frequenti epitaffi, abbastanza risibili se non ridicoli: Speedo, Limbo, Santa, Appoggio, il già citato Vichingo, Eschimese eccetera. I dialoghi sono assertivi e spesso sopra le righe, e pur non toccando le vette di un Quentin Tarantino, risultano surreali, grotteschi e di impatto.

I veri punti di forza del film sono la fotografia, curata dal norvegese Philipp Ogaard, assolutamente spettacolare (la scena della banda di nativi americani sulla pista di sci è memorabile ed in generale l’ambientazione sulle montagne è da applausi) e poi il gruppo di attori. Liam Neeson interpreta un ruolo che sembra più adatto a Chuck Norris ma è pur sempre Liam Neeson, quello di Schindler’s List, e questo fa la differenza nemmeno piccola. Il suo deuterantagonista il Vichingo, interpretato da Robert Bateman è anch’esso molto bravo, immerso in un allucinato e surreale personaggio privo di empatia, di qualsiasi morale ma poi attentissimo alla dieta del figlio. Si tratta di una scelta indovinata che pesca nella inesauribile fucina di talenti del teatro inglese (Bateman è stato scoperto ed ha interpretato film di Kenneth Branagh). Poi ci sono diversi punti deboli di un’opera non pienamente riuscita. La sceneggiatura a volte raffazzonata e/o sconclusionata è tra le principali pecche. Soprattutto perché sacrifica un cast di attrici di ottimo livello che sono ridotte al ruolo di comparse.

Laura Dern (pluripremiata attrice statunitense) interpreta la moglie di Nelson, appare per circa 20 minuti e poi sparisce. La poliziotta Emmy Rossum (Mystic River, The Day after tomorrow tra i suoi tanti film) ha più spazio ma il suo ruolo è sostanzialmente svuotato di peso narrativo. Anche la moglie del vichingo, Julia Jones (Twilight) potrebbe avere un impatto notevole rispetto al marito psicopatico ma viene limitata a fare la bella statuina. Un cast notevolissimo,quindi con una sceneggiatura non centrata ( anzi, non affatto centrata).

Questo porta ad un film di buon intrattenimento ma con una resa di gran lunga inferiore alle possibilità offerte dagli attori e dagli ingenti mezzi messi a disposizione dalla produzione (il budget è stato di 60 milioni di dollari con un incasso di 76 milioni).

Voto 3/5

*imprenditore, comunicatore, fondatore del gruppo Terminus

per commenti, recensioni o sollecitazioni e suggestioni cinematografiche potete contattarmi a colagiov@virgilio .it

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