Minacce a Aldo Di GIacomo (SPP): messaggi di solidarietà dal mondo politico

Insieme alle circa 8000 persone che con telefonate e messaggi hanno espresso solidarietà al segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo – che nelle scorse settimane ha ricevuto a casa una lettera contenente due proiettili di arma da fuoco e un messaggio di minacce – e oltre all’Amministrazione Penitenziaria che gli ha mandato una lettera dimostrando vicinanza, messaggi di solidarietà sono giunti dal mondo politico, in maniera bipartisan, dal Presidente della Regione Lazio e segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti, dal Questore della Camera Edmondo Cirielli (FdI), dal deputato Emanuele Prisco (FdI) e dal Presidente Commissione Giustizia della Camera dei Deputati Francesca Businarolo i quali si aggiungono ai 57 parlamentari che avevano espresso solidarietà in precedenza.

Di Giacomo ha ringraziato gli esponenti politici informandoli sulle proprie condizioni di salute dovute allo sciopero della fame, iniziato 14 giorni fa e che – ha detto – “proseguirà fino a quando non ci saranno risposte ed atti concreti alle numerose richieste che abbiamo fatto per la tutela del personale penitenziario e dei cittadini”.

Il segretario del Sindacato Polizia Penitenziaria sta pagando in prima persona l’esposizione contro la criminalità. Ma – sottolinea – non mi lascio intimorire come dimostrano le prime azioni di protesta e lo sciopero della fame, a cui faranno seguito altre più clamorose. Ho voluto da giorni avviare un nuovo tour attraverso le carceri – con le tappe di Napoli-Poggioreale, Foggia e Campobasso – per accendere un nuovo allarme: la criminalità organizzata – dai clan mafiosi, di ‘ndrangheta, camorra agli ultimi arrivati della mafia nigeriana – controlla gran parte degli istituti con la “resa incondizionata” dello Stato.

Tantissimi i casi che abbiamo denunciato e “provato” dell’attuale sistema carcerario troppo buonista e permissivo nei confronti dei detenuti che punta persino all’abolizione del 41 bis: dai continui ritrovamenti di telefonini, sistemi di trasmissione di “pizzini” agli uomini del clan, dubbi suicidi, detenzione di droga, sesso in cella. Se lo Stato ha ammainato bandiera bianca e delegato il controllo degli istituti penitenziari ai capi clan, noi non ci rassegniamo affatto, siamo e saremo a tutela della legalità, dell’autentica giustizia, della sicurezza dei cittadini”.

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