La riflessione/ I proconsoli molisani ignorati a Roma

I recenti fatti riguardanti il Molise, più o meno tutti riconducibili al sistema sanitario e (purtroppo) tutti non proprio edificanti, danno un’immagine della regione come di un territorio nel caos pandemico molto oltre quello che potrebbe apparire dai dati, pur tristi e (soprattutto) in scarsa correlazione con la colorazione in zona gialla. Il ‘caso’ del centro Covid a Larino campeggia come esempio di quello che le istituzioni non dovrebbero fare: litigi personali, disorganizzazione, proposte differenti e contrastanti inviate al Governo centrale e una generale confusione burocratica. Il braccio di ferro tra il governatore Toma e il commissario ad acta Giustini è stata la dimostrazione dello scontro tra due poteri forti che non si sono mai sopportati al punto che quando uno (Giustini) ha annunciato l’intenzione di dimettersi, l’altro (Toma) ha rilasciato dichiarazioni vicine ad una certa soddisfazione; immaginiamo che poi ci sia rimasto male nell’apprendere che il commissario ad acta sarebbe rimasto al suo posto, non sappiamo ancora se per dimissioni ritirate o mai presentate.

L’epilogo peggiore di una storia nata male è stata la bocciatura definitiva dell’ipotesi nel centro frentano da parte del governo centrale, che per il tramite del commissario Arcuri, in sostanza ha detto che i progetti non si cambiano in corso d’opera, come a dire: “Avete voluto il centro Covid al Cardarelli e lì sarà realizzato”. Mi limito a segnalare due cose: a) l’intransigenza di Arcuri è data proprio dal controverso comportamento tra i due litiganti in Molise; b) questa legislatura nazionale sarà caratterizzata anche dall’ampia delega di funzioni agli esterni, compresa la decisione su Larino, che invece dovrebbe essere di natura politica e non di un commissario di settore. Non ritorno su altri argomenti in simil tono, quali l’ospedale da campo che non si vede e altre questioni che, negli ultimi trent’anni, potrebbero dimostrare facilmente quanto debole sia il peso politico della regione, molto più debole anche della sua economia, delle dimensioni geografiche e densità abitativa.

Per fare un paragone utilizzo la scena di un film che ho visto più volte negli ultimi anni. Valorosi cavalieri attraversano nazioni intere per dare manforte alle truppe romane di stanza presso il Vallo di Adriano, estremo confine fortificato dell’Impero Romano. Giunti sul posto, entrati entro le mura trovano il deserto: l’Impero era sfaldato e Roma aveva abbandonato la periferia estrema considerando poco conveniente difenderla. Ecco il Molise è il Vallo di Adriano e Roma è sempre Roma, cioè il potere politico centrale. Quello che emerge da quanto scritto è il ruolo del Molise nel quadro politico nazionale e la scarsa considerazione di cui gode nelle stanze nazionali. E’ evidente che siamo poco e mal tollerati, in parte per quanto esposto ma anche perché sarebbe facile gestire un territorio così piccolo e invece da alcuni decenni dimostriamo di non esserne in grado, o, peggio, di non volerlo. I proconsoli molisani, ignorati dal potere nazionale, lontano dai riflettori governano, da decenni, senza che nessuno metta bocca sul loro operato semplicemente perché a Roma appunto il Molise non interessa. E’ sconfortante, ma vero, purtroppo.

Stefano Manocchio

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