Coronavirus: i legami tra mafie e sanità

Gli atti giudiziari dei vari tribunali italiani ci confermano che tutte le gestioni commissariali dell’emergenza, si sono rivelate un cumulo di sprechi, ritardi e, non dimentichiamolo, d’infiltrazioni mafiose. In Italia oltre la crisi delle piccole e medie imprese che consentirà con alta probabilità alle mafie di accaparrarsele, vi è anche la sanità con tutti i suoi rivoli, che aprirà un varco a nuove infiltrazioni mafiose. La privatizzazione del sistema sanitario è stata ed è ancora il tallone di Achille che farà spazio a mafie e corruzione.

E’ un dato di fatto che, dove vi sia più pubblico, ci sono meno casi d’infiltrazioni mafiose in sanità rispetto a dove vi sia più privato. L’emergenza Coronavirus a livello nazionale ha messo sul piatto, circa, venticinque miliardi di euro, sui trenta totali della spesa pubblica per il servizio sanitario nazionale. Fondi che saranno gestiti attraverso Consip (una S.p.A.), società del Ministero dell’Economia. Lo stanziamento straordinario per l’emergenza Covid-19 è gestito dal Dipartimento della Protezione Civile e dal Commissario straordinario, Domenico Arcuri, già amministratore delegato di Invitalia (una S.p.A.), una delle più importanti stazioni appaltanti che opera per la Pubblica Amministrazione italiana.

Alcuni strumenti ci sono già e sono stati messi in atto. A gestire questi soldi saranno soggetti che fanno parte o hanno fatto parte con ruoli apicali di società per azioni. Inevitabilmente nella gestione dell’emergenza e del post emergenza in ambito sanitario molti servizi, di cura e non, dovranno essere esternalizzati. Proprio in questa fase ci saranno sicuramente le prime infiltrazioni della criminalità organizzata e dei colletti bianchi. Il mio assunto è già stato confermato dall’indagine sui dispositivi di protezione individuale, su cui indaga la Procura della Repubblica di Roma e dimostra il primo arresto di un imprenditore romano per la turbativa di gara Consip per ventiquattro milioni di euro, bloccata dalla Guardia di Finanza proprio su un sospetto caso d’infiltrazione mafiosa.

Chi studia il fenomeno mafioso sa che l’esternalizzazione dei servizi è un fattore di rischio infiltrazione. Le mafie, con la collaborazione diretta o implicita della politica e dell’amministrazione sanitaria, riescono a entrare nel business dei servizi esternalizzati legalmente, con propri rappresentanti incensurati e al di sopra di ogni sospetto. La liberalizzazione di molte gare d’appalto in ambito sanitario è una miniera d’oro in cui le mafie riciclano denaro derivante da proventi illeciti o si aggiudicano, attraverso opportune strategie corruttive, importanti appalti da cui ottenere nuovi profitti.

La cosiddetta “zona grigia” composta di colletti bianchi è spesso complice delle mafie. Addirittura le organizzazioni criminali con il sistema delle collusioni politiche incidono anche sulle nomine del personale medico-sanitario e amministrativo. I mafiosi hanno festeggiato quando è iniziato il processo di liberalizzazione del sistema sanitario regionale. Un famoso pentito di mafia a tal proposito disse: “la regione è territorio nostro e comandiamo noi”.

Questo è accaduto e accade tuttora perché vi è un sistema di controllo insufficiente in ambito privato e in questo varco sono entrate mafia e corruzione arrivando poi anche al pubblico. In questo momento l’Italia è la più esposta in Europa alla corruzione e alle infiltrazioni mafiose che mieteranno vittime tra gli operatori sanitari, ma, soprattutto, tra gli anziani e i disabili e cioè nella parte più debole ed esposta della popolazione. Sono convinto che le misure adottate in caso di emergenza sanitaria debbano essere specifiche ed eccezionali, rigorosamente proporzionate e limitate non solo al tempo di durata dell’emergenza.

Il Parlamento deve, inoltre, essere informato in tempo reale al fine di esercitare i suoi poteri di controllo sull’azione amministrativa e sull’uso del denaro pubblico. Ritengo occorrano nuovi strumenti in grado di creare un meccanismo che consenta agli investigatori di seguire più facilmente i flussi finanziari, al fine di identificare i soggetti che percepiscono il denaro pubblico, con la finalità di evitare, mediante la tracciabilità, che finisca nelle mani della criminalità organizzata.


Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, associato della School of Public Affairs and Administration (SPAA) presso la Rutgers University di Newark (USA). Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise e Direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise.

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