Caso vaccini irregolari/M5S: questione morale, legale e politica. C’è chi può e deve sapere, ma resta in silenzio

Il dibattito in Consiglio regionale sull’ipotesi che qualcuno abbia ricevuto il vaccino anti Covid senza averne diritto, riconsegna l’immagine di una politica vergognosamente scollegata dalla realtà.
Nei giorni scorsi la consigliera di maggioranza Aida Romagnuolo ha denunciato il caso, parlando di consiglieri regionali e amministratori locali (o loro amici e familiari) che avrebbero fatto il vaccino pur non rientrando nelle categorie individuate in questa prima fase di vaccinazione.

La questione è legale, perché chi denuncia un abuso a mezzo stampa dovrebbe avere piuttosto il coraggio e il buon senso di denunciare tutto alla magistratura.
Ma la questione è prima di tutto etica e illustra bene quanto in basso può scendere la moralità tra quanti amministrano la cosa pubblica. Davanti a un’accusa generica e vergognosa, ciascuno ha sentito il dovere di difendere la propria onorabilità, per questo abbiamo chiesto a tutto il Consiglio di sottoscrivere una breve autocertificazione con cui si rinunciasse al diritto di privacy dichiarando di non aver ricevuto il vaccino impropriamente.
Un’accusa del genere, inoltre, finisce anche per minare quel poco che resta del rapporto tra cittadini e istituzioni. Per questo abbiamo chiesto al responsabile del Piano vaccinale in Molise di accertare eventuali illeciti. Non solo.

La questione, infatti, è anche politica. Il presidente della Regione Donato Toma, in qualità di Commissario della Protezione civile, può facilmente accedere all’elenco di tutti i vaccinati in Molise. Insomma potrebbe chiarire dubbi e chiudere una vicenda vergognosa. Invece Toma ha pensato bene di chiedere ai consiglieri un giuramento. Questo, ormai, è il livello raggiunto da una politica che si potrebbe definire fanciullesca.

Il Consiglio regionale ha trovato convergenza su una mozione che in sostanza chiede proprio al presidente e al responsabile del Piano vaccinale di verificare l’elenco dei vaccinati e rendere note eventuali irregolarità.
Insomma: è servito un atto ufficiale per provare a capire se chi è chiamato a fare il bene dei cittadini abbia invece anteposto il proprio ruolo alla loro salute. È servito un atto, perché chi potrebbe e dovrebbe sapere, è invece rimasto in silenzio.

Intanto c’è chi denuncia lo studio della Fondazione Gimbe secondo cui il 14 per cento dei vaccinati in Molise non apparterrebbe alle categorie previste per questa prima fase di vaccinazioni, ma nessuno dice che in una struttura ospedaliera, oltre a medici e infermieri, ci sono ad esempio tecnici d’ingegneria clinica o volontari del 118, insomma i dati andrebbero approfonditi per essere compresi.
Ad ogni modo, davanti ad una crisi sanitaria, economica, sociale, e davanti a dibattiti di un certo tenore, le scuse ai molisani sono superflue ma soprattutto inutili.

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